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Cinque persone tra i 17 e i 31 anni hanno presentato un’azione legale presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, per costringere i governi europei a ritirarsi dalla Carta dell’energia, un trattato che protegge le aziende energetiche attive nel settore dei combustibili fossili. I cinque attivisti climatici, provengono da diverse regioni dell’Europa, colpite negli ultimi anni da incendi, inondazioni o uragani.
La Carta dell’energia (Tce) è un accordo che consente alle compagnie di combustibili fossili di portare in tribunale i governi, nel caso le loro politiche di tutela ambientali diminuiscano i loro profitti. Per esempio, grazie a questo accordo, la società energetica tedesca Rwe sta facendo causa ai Paesi Bassi per i suoi piani di decarbonizzazione, chiedendo un compenso di 1,4 miliardi di euro. Per lo stesso meccanismo, la società britannica di estrazione Rockhopper exploration ha denunciato il governo italiano per aver vietato nuove trivellazioni vicino alla costa.
È la prima volta che la Corte europea dei diritti umani viene interpellata sul trattato, che comprende circa 55 paesi, tra gli stati europei, il Regno Unito e il Giappone, come ha svelato un informatore al Guardian. Infatti, grazie al Tce, tutte le compagnie che si occupano di combustibili fossili possono citare in giudizio i governi per la chiusura anticipata o la riduzione della produzione di impianti a carbone, petrolio o gas.
L’azione legale è arrivata proprio mentre 76 esperti climatici hanno inviato una lettera aperta ai leader europei, in cui affermano come continuare a proteggere le compagnie di combustibili fossili secondo le regole del Tce impedirebbe di fatto la chiusura degli impianti più inquinanti e toglierebbe vaste risorse necessarie per sostenere la transizione ecologica verso le energie pulite.
“In entrambi i casi, l’obiettivo di neutralità climatica dell’Unione e il Green deal europeo saranno messi a repentaglio”, si legge nella lettera, riportata dal Guardian, che chiede all’attuale presidenza francese dell’Unione di portare velocemente i paesi membri fuori dal trattato. Nei prossimi giorni, i membri del Tce si riuniranno per negoziare un aggiornamento del trattato, stipulato nel 1994.
La Commissione europea ha proposto un percorso graduale di eliminazione delle tutele del Tce, per arrivare alla sua cancellazione entro il 2040. Tuttavia, secondo attivisti ed esperti, il termine indicato dalla commissione sarebbe troppo lontano per avere una vera efficacia e le riduzioni proposte sarebbero troppo leggere. “Le opzioni discusse sono troppo deboli per rendere il Tce compatibile con l’accordo di Parigi o con il diritto dell’Unione”, ha dichiarato al Guardian Cornelia Maarfield, coordinatrice delle politiche commerciali e di investimento del Climate Action Network Europe.
Nel frattempo, i governi di Francia, Germania, Polonia e Spagna hanno già incaricato di studiare il modo in cui l’Unione potrebbe ritirarsi dal Tce, come riportato da Euractiv. Tuttavia, i responsabili del Tce continuano a sostenere come l’accordo non vada a sostenere il settore dei combustibili fossili, ma tuteli lo stato di diritto degli investitori. Una tesi contestata dagli attivisti, per i quali all’interno del Tce sarebbe compresa una clausola di recesso, pertanto l’uscita dal trattato sarebbe assolutamente legale e perfino semplice.
“Non è possibile che l’industria dei combustibili fossili sia ancora più protetta dei nostri diritti umani“, ha dichiarato al Guardian Julia, studentessa tedesca di 17 anni, che si è unita al gruppo di querelanti dopo aver perso la sua casa a seguito delle inondazioni che hanno colpito la regione dell’Ahr lo scorso luglio, che ha causato la morte di 222 persone.