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Per Chaim Gelfand, vicepresidente del gruppo israeliano Nso, specializzato in tecnologie di sorveglianza digitale, sono due ore di domande incessanti. A farle è la commissione Pega del Parlamento europeo, istituita il 10 marzo per indagare sugli abusi perpetrati da alcuni governi europei attraverso lo spyware Pegasus venduto dall’azienda, e coordinata dalla relatrice Sophie in ‘T Veld, che il 21 giugno, nella sesta seduta, ha interpellato il manager. Sguardo basso e poche risposte complete, una volta per via del segreto commerciale e un’altra per non raccontare troppo sui rapporti con i propri clienti, i governi. Il numero di questi varia, dice Gelfand: “In passato erano sessanta in quarantacinque paesi, ora siamo sotto i cinquanta”.
Alla domanda della Commissione su quanti di questi siano paesi membri dell’Unione europea, Gelfand risponde: “Non ho una cifra, ma più di cinque. Ve lo farò sapere”. Sempre stando alle sue parole, Nso avrebbe rescisso il contratto con alcuni di questi paesi europei perché non garantivano adeguati standard, ma chi siano rimane un mistero. Informazioni che non dovrebbero essere segrete, sottolineano alcuni parlamentari, soprattutto se il fine dei governi che utilizzano Pegasus è quello di contrastare il terrorismo. Anche in questo caso però Nso replica dicendo che non può fornire dati né informazioni “perché dovrebbero essere loro [i paesi, ndr] a darne comunicazione se vogliono”.
Gli abusi nei confronti di giornalisti, attivisti e diplomatici
Lo spyware Pegasus è un software malevolo che all’insaputa del possessore di uno dispositivo mobile (con sistema operativo Android o iPhone) è in grado di spiarne, tracciarne e intercettarne le attività compiute, così come accedere e attivare parti del telefono come il microfono o la videocamera. Chi crea software di questo tipo – sono quasi una ventina le aziende oltre a Nso, tra cui anche italiane – lo fa per fornire lo strumento ad agenzie governative e forze dell’ordine impegnate nel contrasto al terrorismo. Nemmeno dall’audizione però si è riuscito ad ottenere un reale numero sui casi concreti in cui Pegasus abbia effettivamente permesso la cattura di un terrorista, oppure di sventare un attacco con questa matrice. Il caso più conosciuto del suo utilizzo è quello che ha portato alla cattura di El Chapo, il narcotrafficante messicano ora in carcere negli Stati Uniti.
Su questo punto Gelfand dice di non poter fornire delle stime perché le stesse agenzie governative contro il terrorismo non fornirebbero mai dati in tal senso. Il numero di violazioni e abusi nei confronti di giornalisti, attivisti e membri di vari governi europei sono invece molti, ormai un dato di fatto. In ordine cronologico l’ultimo accadimento noto che coinvolge Pegasus è quello rivelato da un report del Citizen Lab, un istituto di ricerca canadese che ad aprile ha dimostrato come tra il 2017 e il 2021 più di sessanta giornalisti, attivisti, il premier spagnolo Pedro Sánchez e la ministra della Difesa María Margarita Robles Fernández siano stati intercettati proprio tramite questo spyware. La supposizione dell’istituto canadese è che dietro a queste intercettazioni ci fosse proprio il governo spagnolo. Nella seduta di ieri il vicepresidente Gelfand ha parlato di “12-13.000 target in media tra tutti i clienti” che avrebbero utilizzato Pegasus lo scorso anno. Un numero diverso da quello rivelato dal’’inchiesta Pegasus Project, condotta da 17 testate giornalistiche e coordinata da Forbidden Stories con l’aiuto tecnico di Amnesty International, che parlava di 50.000 numeri di telefono spiati.