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Che Atkinson sia il re della slapstick comedy è ampiamente confermato da questa sua ultima prova, tuttavia, gli espedienti comici a cui assistiamo non sono il massimo. Man Vs Bee è lontano anni luce da quel capolavoro di tenera ed esilarante innocenza che era Mr Bean ed è piuttosto distante dalla cinica eccellenza della serie di culto Blackadder. Tutto si regge sul talento comico strabordante di Atkinson, il fratello segreto dell’ispettore Clouseau di Peter Sellers nei film della Pantera rosa, ma non c’è sentore del genio che accomunava i titoli citati. Nessuno ci costringe a fare paragoni, e questo vuol dire che se accantoniamo il confronto con precedenti inarrivabili come quelli citati, Man Vs Bee è comunque godibile. Bingley è dipinto come un ometto orribile: inetto, pigro, vendicativo e talmente frustrato dalla propria mediocrità da sfogarsi con un accanimento assurdo su un’innocente ape (la cui esistenza, tra l’altro, nell’economia del pianeta, è ben più preziosa). Il pover’uomo arriva quasi a perdere il senno, in un’escalation di duelli all’ultimo sangue con l’insetto che scatenano di volta in volta esiti sempre più distruttivi.
Bingley non finirà in manicomio solo perché destinato ad altra istituzione, ma la vena di realismo amaro e cinico che accompagna il finale sconfina nello dark humour. Accanto a situazioni grottesche e ridicole si avverte una soffusa critica sociale confluente in un plot twist sorprendente che riscatta il personaggio di Bingley nel finale. L’epilogo si fa gioco dello spettatore e del buonismo di quest’ultimo, lasciando intendere che il destino dell’esagitato personaggio di Atkinson sia quello di rimanere incastrato in un perpetuo loop del Giorno della marmotta alla Ricomincio da capo.