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Sono passati dieci anni dalla conferma sperimentale dell’esistenza del bosone di Higgs, la particella che assegna la massa alle altre particelle elementari. Ci sono voluti quasi cinquant’anni da quando, nel 1964, Peter Higgs ne ha ipotizzato e teorizzato l’esistenza, a quando gli scienziati delle collaborazioni Atlas e Cms sono riusciti a vederla in laboratorio, grazie a un complesso esperimento all’acceleratore Large Hadron Collider (Lhc) al Cern di Ginevra. Da quel 4 luglio 2012, sono diverse le conferme giunte da Lhc. Domani inizierà una nuova serie di esperimenti che raggiungeranno energie ancora maggiori, e rispetto ai quali i fisici hanno grandi aspettative.
Il bosone di Higgs: dall’idea alla scoperta
L’idea di Higgs era che esistesse, nell’Universo, un campo d’interazione che permeava lo spazio rendendo il vuoto non più vuoto. Come a dire che se rimuovessimo dal cosmo fino all’ultimo atomo, rimarremmo sempre con questa sorta di etere. In realtà, però, il campo di Higgs è molto di più: l’idea originaria (e finora confermata sperimentalmente) era che si trattasse del responsabile dell’acquisizione di massa delle particelle. La massa, quindi, non è una proprietà intrinseca della materia ma è stata attribuita circa 10-12 secondi dopo il Big bang. Prima, tutte le particelle elementari viaggiavano prive di massa e alla velocità della luce. Fra queste, anche il bosone di Higgs. Questo è stato il primo a “congelare” man mano che l’universo si espandeva e si raffreddava, e l’ha fatto a temperature elevatissime. È rimasto in questo stato di ibernazione per quasi 14 miliardi di anni, fino a quando, nel 2012, gli scienziati di Lhc sono riusciti a riprodurre per un brevissimo istante le estreme condizioni di energia in grado di svegliare il bosone di Higgs dal suo sonno cosmico.
A questa particella, dicevamo, è associato il campo di Higgs, che quando il bosone congela assume un valore ben preciso e diverso da zero. Per questo, attraversando questo campo pervasivo, le particelle elementari fino a quel momento prive di massa hanno cominciato a subire una resistenza diversa le une dalle altre. Come una sorta di melassa appiccicosa, il campo di Higgs non trattiene tutte le particelle allo stesso modo: quelle che fanno più fatica sono le più pesanti. In fisica si dice che hanno un’inerzia (e una massa inerziale) maggiore. Il fotone, per esempio, non interagisce per niente con il campo di Higgs e la sua massa è rimasta nulla. I bosoni W e Z, invece – quelli responsabile di una delle quattro forze fondamentali della fisica, l’interazione elettrodebole – sono molto pesanti.
Cosa è successo in questi 10 anni
Ci sono state diverse conferme che la particella osservata nel 2012 è effettivamente il bosone di Higgs. Le collaborazioni Atlas e Cms hanno studiato in dettaglio le proprietà della particella confermando che corrispondevano a quelle previste dal Modello Standard – la teoria fisica che spiega il comportamento delle particelle elementari. Hanno confermato innanzitutto che si tratta di un bosone, ovvero di una particella con spin intero, e ne hanno misurato con estrema precisione la massa, pari a 125 GeV.
Non solo, gli esperimenti hanno anche confermato che le coppie di bosoni W e Z ottengono effettivamente la loro massa attraverso l’interazione con il campo di Higgs, come previsto dal Modello Standard. La forza di queste interazioni – e quindi la loro elevata massa – spiega come mai il raggio di azione della forza debole sia così breve. Allo stesso modo, altri esperimenti hanno mostrato che anche la massa anche dei fermioni (secondo il modello standard, l’altro grande gruppo di particelle elementari accanto ai bosoni) si origina allo stesso modo. Queste prove hanno consentito di misurare precisamente la massa dei più pesanti fra i fermioni: quark top, quark bottom e leptone tau, e hanno anche confermato l’esistenza di una particolare forza, chiamata interazione di Yukawa, mediata dal bosone di Higgs ma diversa da tutte le altre conosciute.