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Di seguito, abbiamo elencato tutti i temi di maggiore attualità che prevediamo verranno affrontati dai legislatori, analizzando anche come potrebbero delinearsi le proposte normative.
La battaglia sulle definizioni
Mentre la prima criptovaluta, bitcoin, fu lanciata nel 2009 come forma di denaro digitale, altri token arrivati successivamente sul mercato sono stati presentati alla stregua di “azioni” che garantiscono il diritto di voto all’interno delle startup di criptovalute, oppure come beni prettamente speculativi. Negli Stati Uniti, questo aspetto ha spinto a chiedersi se la vendita di un token al pubblico sia equiparabile a quella di titoli non registrati. Secondo la Securities and Exchange Commission (Sec, l’organo statunitense di vigilanza sulla borsa), in realtà le criptovalute non hanno bisogno di una maggiore regolamentazione, dal momento che per la maggior parte dei token in circolazione dovrebbe essere sufficiente attenersi alle normative esistenti sui titoli.
Di solito, la Sec sottopone i progetti di criptovalute al cosiddetto test di Howey, in base al quale qualsiasi asset venduto con la prospettiva di generare profitti derivanti dagli sforzi di qualcun altro si qualifica come un titolo. L’ente ha avviato azioni legali e comminato multe contro importanti operatori del settore che avevano venduto al pubblico token senza rispettare la legge sui titoli. “Chi emette titoli dovrebbe depositare una dichiarazione di registrazione presso la Sec e comunicare agli investitori una serie di fattori di rischio in modo che possano davvero capire se si tratta di un buon investimento o meno – spiega Todd Phillips, esperto di finanza presso il think tank Center for American Progress –. Le società che emettono criptovalute non stanno fornendo queste informazioni, danneggiando gli investitori e gli speculatori“.
Il presidente della Sec, Gary Gensler, ritiene che la maggior parte delle criptovalute esistenti, ad eccezione di bitcoin, siano probabilmente titoli. Gli imprenditori del settore non sono d’accordo, e sostengono che alcuni token hanno altre funzioni oltre a quella di far arricchire i loro proprietari, rimanendo quindi fuori dall’ambito di competenza della Sec. C’è anche chi sottolinea che l’approccio della Sec non definisca con chiarezza quali categorie di prodotti nel settore delle criptovalute siano effettivamente titoli.
La proposta di legge bipartisan presentata negli Stati Uniti sembra sposare questo punto di vista, per la gioia dei sostenitori delle criptovalute. Il disegno di legge – che è stato presentato all’inizio di giugno e probabilmente non arriverà in aula prima delle elezioni statunitensi di metà mandato – prevede che la maggior parte degli asset nel settore debba essere considerata come una commodity – un prodotto di base – e non come un titolo, e quindi dovrebbe essere regolamentata dalla Commodities Futures Trading Commission (Cftc). Sono previste eccezioni per i token che sono esplicitamente commercializzati come azioni di un’impresa e per quelli controllati da una società centralizzata, per cui sarà necessario fornire informazioni alla Sec ogni due anni. La reazione nel settore di fronte al possibile accantonamento di una Sec sempre più ostile è stata, come prevedibile, positiva: “Se equipariamo molti di questi asset alle commodity, gli enti che li emettono non sono tenuti a fornire informazioni – spiega Phillips –. Questo è uno degli obiettivi che l’industria sta cercando di raggiungere: non lasciare che un singolo individuo o un’entità sia responsabile per le dichiarazioni errate nella documentazione relativa ai titoli o per i danni arrecati ai consumatori e agli investitori“.
Cosa succederà alle stablecoin?
Le stablecoin sono asset il cui prezzo è teoricamente ancorato al valore di valute nazionali come il dollaro o l’euro. Le società che le emettono, come Tether o Circle, garantiscono questa parità mantenendo riserve monetarie o asset equivalenti – in modo che ogni stablecoin sia sostenuto da un’unità della relativa valuta – e si impegnano a riscattare i token in cambio di denaro. Nel corso degli anni sono circolati diversi dubbi sul fatto che le riserve di Tether fossero sufficienti e abbastanza liquide per sostenere gli oltre 60 miliardi di dollari di token emessi della società.