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L’Unione europea accende i fari sulla protezione dei consumatori nei videogiochi. Da una parte, nella commissione Imco (per il mercato unico e la protezione dei consumatori) del Parlamento europeo, è stato proposto di avviare una istruttoria sugli effetti sui gamers dei videogiochi online, pur nella consapevolezza del potenziale di innovazione che il comparto esprime. Dall’altra la Commissione ha annunciato che effettuerà un controllo dell’adeguatezza del diritto dei consumatori a seguito dell’analisi dal Norwegian Consumer Council (Ncc, l’ente di protezione dei consumatori in Norvegia) Insert Coin: How the gaming industry exploits consumers using loot boxes.
Una indagine che ha fatto il giro dell’Europa, è rimbalzata con l’assist di Beuc, The European consumer organization (l’organizzazione dei consumatori europei), che raccoglie 17 organizzazioni a tutela dei consumatori tra cui l’italiana Adiconsum; ed è approdata negli Stati Uniti, dove le associazioni dei consumatori hanno sollecitato la Federal trade commission (Ftc) a intervenire nei confronti di una delle società produttrici più grandi al mondo, la Electronic Arts, denunciando Fifa.
In una lettera dettagliata, il gruppo di 15 associazioni capitanate da FairPlay e Center for Digital Democracy, hanno chiesto alla Ftc di avviare una indagine sul fenomeno delle loot box, pacchetti di contenuti digitali che i consumatori acquistano con denaro reale e che offrono ai giocatori vantaggi o oggetti da utilizzare nel gioco.
I dubbi sulle loot box
Il rapporto dell’autorità norvegese mette al centro della sua analisi proprio le loot box. La loro peculiarità è quella di essere randomizzate e “schermate”, nel senso che i consumatori non hanno modo di sapere cosa contengono fino a quando non le hanno pagate. Presenti in un’ampia gamma di videogiochi, possono assumono una varietà di forme, “più o meno trasparenti o manipolatorie”, scrive l’autorità norvegese. Nel caso di Fifa, tra quelli analizzati dal Ncc, i giocatori costruiscono il proprio “ultimate team” aprendo pacchetti contenenti un assortimento casuale di oggetti di gioco. Le carte più desiderabili cambiano mensilmente o settimanalmente, e sono pubblicizzate attraverso eventi promozionali. Per ottenere velocemente queste carte, il giocatore deve acquistare acquistare punti Fifa. Per il regolatore norvegese, “la probabilità di ottenere carte di alto valore è estremamente basso ed è impossibile per il giocatore sapere quanti soldi dovrebbe spendere per ottenerle”. Inoltre, i giocatori che non acquistano i pacchetti sarebbero in notevole svantaggio rispetto agli avversari che lo fanno.
Proposte e posizioni
Anche se ci sono state diverse iniziative di autoregolamentazione o per aumentare trasparenza nei meccanismi delle loot box (Electronic Arts ha pubblicato sul sito una Dichiarazione globale di tutela dei diritti umani e il Rapporto sull’impatto globale, pur senza alcun riferimento al design dei giochi), il regolatore norvegese propone nuove misure per aumentare la trasparenza. Tra queste, indicare il prezzo delle loot box con valuta reale; vietare le loot box o i contenuti randomizzati a pagamento per i minori e meccanismi di “pay to win”; maggiore trasparenza su dati e accesso agli algoritmi da parte di ong (organizzazioni non governative) e autorità di regolamentazione; prevedere opzione di gioco senza il pilotaggio di algoritmi; migliorare il controllo da parte delle autorità di tutela dei consumatori anche nel settore dei video giochi; in ultima istanza, vietare il pagamento di loot box.
Wired ha inviato una richiesta di replica ad Electronic Arts, che non ha risposto. Gero Micciché, development director di Electronic Arts, che al momento è al lavoro sul nuovo Need for Speed presso lo studio Criterion, a titolo personale ha detto che “la questione relativa agli acquisti in-game è certamente all’attenzione di tutti gli operatori della game industry. Vedo dall’interno quanto grandi aziende di sviluppo come Ea siano estremamente attente a mettere la community e gli utenti al primo posto, e quanto sforzo si stia facendo per portare al massimo trasparenza e consapevolezza riguardo agli acquisti in-app. I grandi produttori di videogame hanno del resto come interesse primario quello di servire i giocatori, che hanno oggi un ruolo attivo nel dare forma ai videogiochi, la loro voce è ascoltata dagli sviluppatori tramite diversi canali. Esistono certamente operatori che tendono a implementare meccaniche predatorie nei propri giochi – molti free-to-play di matrice orientale ne hanno a bizzeffe – e non di rado vengono punite dagli stessi giocatori, che si accorgono presto di un simile approccio. Il meccanismo della casualità dei contenuti acquistati non è certamente stato inventato dall’industria dei videogame: era presente già con le figurine dei calciatori, le carte di Magic: The Gathering e gli ovetti Kinder, per fare soltanto alcuni esempi. Mi preme sottolineare come gli sviluppatori di questo settore abbiano oggi tutto l’interesse a implementare meccaniche sane e divertenti per i giocatori, che sono spesso il risultato di un dialogo diretto con la community e di un’apertura ai feedback che costituisce uno dei motivi del successo dei giochi che oggi vanno per la maggiore tra i giocatori”
Wired ha chiesto ai rappresentanti di Adiconsum e di Beuc se siano state assunte iniziative formali di denuncia anche in paesi europei o in Italia a tutela degli interessi dei consumatori. Al momento non risulta alcuna iniziativa formale anche perché “ è davvero complicato rivolgersi alla nostra autorità Antitrust su questo tema, dal momento che non abbiamo reclami da parte dei consumatori e che dovrebbe essere avviato un test approfondito e granulare dei giochi, nella versione italiana e per cluster di profili di giocatori, per ottenere le prove necessarie pratiche commerciali sleali”. Quello del videogame online quota è un mercato globale da oltre 2,8 miliardi di consumatori e che ha generato oltre 15 miliardi di dollari nel solo 2020 per acquisti e vendite in-game di contenuti digitali aggiuntivi. Il tema fa anche parte della strategia digitale della Commissione europea che ha da quest’anno avviato il progetto Understanding the value of a European games society, per valutarne gli effetti sociali, economici, finanziari e culturali e per analizzare in che modo questo comparto incrocia le politiche comunitarie.