martedì, Settembre 26, 2023

Italia 1982 – Una Storia Azzurra è un bellissimo viaggio nella memoria

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Italia 1982 – Una Storia Azzurra, ci prende per mano da subito, ci riporta a quella data leggendaria: 11 luglio 1982. Non è e non sarà mai una giornata come le altre  per gli italiani.
Sono passati esattamente 40 anni da quando Nando Martellini per tre volte ci disse che eravamo campioni del mondo. L’impresa di Enzo Bearzot e dei suoi ragazzi, rivive in questo bellissimo documentario firmato da Coralla Ciccolin, prodotto da Stand By Me e Vision Distribution, in collaborazione con Sky. 
In sala l’11, 12 e 13 luglio, dopo essere stato presentato in anteprima al Festival di Taormina, non è solamente un racconto calcistico, perché in fondo quel mondiali non sono e non saranno mai solamente un evento sportivo.

La Nazionale di un paese disastrato

Parlare della vittoria della Nazionale Italiana di calcio ai Mondiali del 1982, bene o male ha sempre significato confrontarsi con una sorta di monumento, meglio ancora con un momento spartiacque della storia italiana, che può reggere benissimo il confronto con date che solitamente troviamo all’interno dei libri di storia in contesti ben più drammatici o “seri”.  
Si può tranquillamente sostenere che in fin dei conti quella calda sera d’estate, quel torneo vinto contro ogni logica e ogni pronostico, non abbia poi molto da invidiare alle date del Risorgimento, alla Prima Guerra mondiale o al 25 aprile. Perché in fondo si fece l’Italia e soprattutto gli italiani anche in quegli istanti, guardando quel pallone sullo schermo.

Arriva nelle sale italiane il documentario di Michela Scolari e Gianluca Fellini dedicato a Pablito, a chi era, a perché avrà sempre un posto speciale nel cuore degli italiani.

Se vi pare eccessivo, o addirittura blasfemo tale accostamento, allora forse dovresti interrogarvi sul perché da 40 anni i protagonisti di quella spedizione azzurra sono sempre stati illuminati da una luce mitica, da un qualcosa di atavico, quasi più conforme a ciò che erano i vincitori delle antiche Olimpiadi in Grecia che ai moderni idoli sportivi.
Questo perché quella vittoria, la modalità con cui si concretizzò, l’emzione che regalò agli italiani, si verificò in un momento storico molto particolare, che Italia 1982 – Una Storia Azzurra ha il grande merito di sottolineare e riportare alla memoria. 
L’Italia era appena uscita dal cuore degli anni ‘70, ed era un cuore violento, che aveva avuto l’apice con il rapimento e poi l’assassinio di Aldo Moro

Ma pure in quel 1982, il nostro paese attraversava un momento a dir poco drammatico, non solo e non tanto per la crisi economica, ma per una più profonda crisi morale, il venire meno dei punti di riferimento che per decenni avevano retto il paese anche ideologicamente. 
La sofferenza era dovuta alla corruzione e alla mala-politica, con il perdurare della strategia della tensione, le guerre di mafia, la droga che inondava le strade, i morti di Ustica e dell’Irpinia. 
Dalla “marcia dei quarantamila” all’assassinio di Piersanti Mattarella, dal terrorismo di ogni colore a quello Scandalo Scommesse che coinvolse persino Pablito, l’Italia ritrovò orgoglio e unità grazie a quei ragazzi. Questo perché si rivide in quella parabola di resurrezione che interessò un collettivo, che dopo tre partite pareva destinato ad un naufragio inglorioso.

Tra volti familiari e materiali inediti

Italia 1982 – Una Storia Azzurra ci riporta a quei giorni imprevedibili e immortali, lo fa grazie alle interviste che hanno coinvolto i reduci di quell’impresa come Zoff, Tardelli, Gentile, Cabrini, Bergomi, Antognoni, Conti, Dossena, Selvaggi e anche Cinzia Bearzot, la figlia del “Vecio”. 
Ma oltre a loro vi è anche una marea di materiale inedito di Giuseppe Mantovani, Cesare Galimberti e persino Daniele Massaro. Si tratta di un piccolo tesoro che non avevamo mai visto, ammirando il quale si ha veramente la sensazione di essere tornati al tempo in cui Battiato e la sua Cuccurucucù imperava nello spogliatoio azzurro. Quello spogliatoio che è diventato il simbolo più forte di coesione che il nostro sport abbia mai avuto. 

I reduci di quell’impresa ricordano gli anni passati con scarpini e pantaloncini, cosa significasse per loro vestire la maglia azzurra, ma soprattutto la difficoltà di quella situazione, non inedita perché per la verità anche prima del brillante mondiale di Argentina ’78, “Mamma che mal di Pampa” dominava sulle prime pagine dei nostri giornali. Oggettivamente è per alcuni versi difficile comprendere ancora oggi il perché di questo astio e quasi odio nei confronti di Bearzot, al netto di scelte che sicuramente anche oggi possono essere viste come divisive e temerarie. Su tutte richiamare lui, Paolo Rossi, reduce all’epoca dalla lunga squalifica partita per lo scandalo scommesse, e preferito a quel Pruzzo che a tutti pareva l’ariete ideale per l’undici azzurro.

Eppure, proprio quelle critiche feroci, al limite della diffamazione, che spinsero ad un inedito silenzio stampa il collettivo azzurro in terra di Spagna, furono forse il momento chiave, crearono il clima della grande impresa da “soli contro tutti”. Qualcosa che si materializzò per la prima volta contro i campioni in carica dell’Argentina, guidati da un giovane ma già temutissimo Diego Armando Maradona. Poi sarebbe venuta la volta dell’invincibile armata Carioca, quella di Zico, Socrates, Falcao, Cerezo, Junior, piegata contro ogni logica. Forse il primo momento in cui si comprese che quel collettivo sarebbe arrivato fino alla fine, fino a quella sera dell’11 luglio contro la Germania, piegata in un 3 a 1 di fronte all’amatissimo Sandro Pertini. Qualcosa che è passato di bocca in bocca, di generazione in generazione quasi come un  racconto omerico o un poema cavalleresco.

Riuscire a comprendere l’importanza del Mundial

Italia 1982 – Una Storia Azzurra non è certamente il primo documentario che onora quella cavalcata magnifica, ma è sicuramente uno dei più intimi, è dinamico, sorprendente, appassionante, anche grazie all’apporto di un esperto del campo come Beppe Tufarulo. 
Lo è anche perché bene o male non si limita semplicemente a parlarci di calcio, ma sposta lo sguardo anche su quei ragazzi e la loro vita, li umanizza levando la patina di epica e retorica, per renderci partecipi  anche delle loro paure e della presa di coscienza di ciò che si stava creando.
Il risultato è un turbinio di ricordi e anche di sorrisi, è il riuscire a capire perché ci sentiremo sempre tutti veramente dentro quell’urlo di Marco Tardelli,  anche se non eravamo ancora nati. Non a caso ancora oggi la sua è forse l’esultanza più famosa della storia del calcio.

Ognuno di quei giocatori aveva qualcosa di personale, di diverso da portare dentro quel mondiale, e la maestria di Enzo Bearzot fu quella di fargli capire che solo assieme potevano raggiungere Ognuno di loro il proprio sogno individuale. Lo fecero dopo tre partite orrende, sedimentando bene o male anche il mito sportivo per il quale l’Italia rivela qualità insperate solamente quando è nella peggiore situazione possibile, ad un passo dal baratro sovente arrivando ad una vittoria insperata e sorprendente. Se ci riflettiamo, capiamo che tale assioma si è ripetuto poi per i ragazzi di Lippi nel 2006, così come per la banda di Mancini l’anno scorso. Ma poi il pensiero non può che correre anche ad Usa 94, quando Sacchi disse che “più avremo paura più andremo avanti”, così come alle belle Nazionali di Zoff e Prandelli.

A Winston Churchill è stata attribuita la frase per cui “gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. Ma la verità è che bene o male quel mondiale del 1982 una piccola guerra lo fu sul serio, quella degli italiani contro se stessi, o meglio contro ciò che li divideva, da nord e sud, a destra e sinistra, tra poveri e ricchi. 
Ed è questo il motivo per cui ancora oggi, ogni volta che scende in campo la Nazionale, ci ritroviamo a sperare in un altro urlo come quello di Marco, perché bene o male è nel calcio che forse  sentiamo veramente di appartenere a qualcosa di più grande di noi. Purtroppo o per fortuna. 

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