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Fare tutto il possibile per permettere a Patrick Zaki di tornare a viaggiare, mettendo fine alla sua seconda prigionia, quella all’interno dei confini egiziani. È l’appello che un gruppo di parlamentari italiani, guidati da Filippo Sensi, in quota Pd, ha rivolto al presidente del consiglio Mario Draghi attraverso una lettera datata 17 luglio. Ora tutto resta congelato a causa della crisi di governo.
Su Patrick Zaki, che ha passato 22 mesi nelle carceri egiziane in custodia cautelare prima di essere liberato nel dicembre scorso, pende in effetti un divieto di lasciare il paese che gli sta precludendo la prosecuzione degli studi in Italia e l’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà fondamentali.
Una mobilitazione nazionale e internazionale
“Chiediamo che il governo italiano si impegni con tutte le sue forze affinché le autorità egiziane esonerino Patrick Zaki dal divieto di lasciare il paese che ancora grava sulla sua persona”, recita l’incipit della lettera inviata al premier Draghi dal deputato del Partito democratico Filippo Sensi e sottoscritta da diversi altri parlamentari come, tra gli altri, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Riccardo Magi, Erasmo Palazzotto.
Quella di Patrick Zaki è un’odissea che va avanti da ormai quasi due anni e mezzo. Il 7 febbraio 2020, durante il suo master in Studi di genere all’università di Bologna, decide di tornare in patria per salutare i parenti ma viene arrestato all’aeroporto del Cairo. Le accuse sono, tra le altre, di minaccia alla sicurezza nazionale, sovversione, propaganda per il terrorismo, quelle cioè che colpiscono i dissidenti in un paese dove i prigionieri politici sono almeno 60mila. La sua carcerazione preventiva è stata rinnovata mese dopo mese, Zaki ha subito anche violenze e torture secondo le prove raccolte dai suoi avvocati, intanto il suo processo è stato sistematicamente rinviato. Nel dicembre scorso l’attivista per i diritti umani è stato rilasciato ma con obbligo di permanenza sul suolo egiziano visto le udienze che lo riguardano e i cinque anni di galera che rischia. Una prosecuzione della sua odissea che per quanto meno invasiva del periodo in carcere, gli sta comunque precludendo alcuni diritti fondamentali come quello al movimento e allo studio.
La lettera dei parlamentari italiani segue un’iniziativa simile dei giorni scorsi della senatrice americana Tammy Baldwin, del deputato Mark Pocan e della deputata britannica Rushanara Ali, che hanno chiesto ai rispettivi governi un intervento di pressione sulle autorità egiziane affinché cinque attivisti egiziani, tra cui Patrick Zaki, possano essere liberati dai provvedimenti restrittivi a cui sono sottoposti. Nella lettera italiana si chiede all’esecutivo “ogni sforzo diplomatico e politico” per consentire a Zaki di tornare a viaggiare e completare il suo ciclo di studi all’università di Bologna. E si ricorda un altro dossier che riguarda l’attivista egiziano, quello della cittadinanza italiana. Nel luglio di un anno fa infatti il parlamento italiano ha approvato con 358 voti a favore e l’astensione di Fratelli d’Italia una mozione a favore del conferimento della cittadinanza italiana a Patrick Zaki, che però non si è ancora tradotta in un provvedimento dell’esecutivo.
La reazione di Patrick Zaki
L’attivista egiziano ha accolto positivamente la mobilitazione dei parlamentari italiani per il suo diritto a viaggiare. “Continuerò a credere che entro settembre sarò lì per riprendere i miei studi con tutto questo sostegno”, ha scritto su Twitter auspicando un ritorno a Bologna prima della fine dell’estate: “Grazie mille a tutti coloro che lo hanno reso possibile. Mi dai speranza per un futuro migliore”. In un altro tweet Zaki ha poi pubblicato la lettera integrale inviata da Filippo Sensi e gli altri al premier Mario Draghi, ponendo l’accento nel post su una frase in particolare: riprendere gli studi.