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Dopo la giornata di fuoco al Senato, alla Camera dei deputati Mario Draghi ha annunciato la sua intenzione di salire al Colle e rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a distanza di una settimana dal primo stop al suo esecutivo. Dopo una giornata campale, iniziata con il discorso del presidente del Consiglio a Palazzo Madama e proseguita con veti incrociati tra i partiti e mozioni per salvare l’esecutivo, l’ex presidente della Banca centrale europea ha incassato 95 voti a favore, non sufficienti per assicurare il governo, e 38 contrari, perché molti senatori di Forza Italia e Lega sono usciti dall’aula, mentre quelli del Movimento 5 Stelle, dopo l’iniziale idea di uscire, hanno deciso di rimanere nell’emiciclio e così facendo hanno garantito il numero legale. Di fatto, quindi, la fiducia tra i votanti ci sarebbe stata ma nel pratico le astensioni hanno fatto sì che concretamente mancasse l’appoggio all’esecutivo, aprendo alla crisi.
Il messaggio di Draghi
Come riporta l’agenzia stampa Ansa, Draghi si è rivolto alla Camera con un ringraziamento, per poi annunciare: “Alla luce del voto espresso ieri sera dal Senato chiedo di sospendere la seduta per recarmi dal presidente della Repubblica per comunicare le mie determinazioni. Certe volte anche il cuore dei banchieri centrali viene usato, grazie per questo e per tutto il lavoro fatto in questo periodo“. La seduta della Camera è stata sospesa fino alle 12, in attesa degli esiti del colloquio tra Draghi e Mattarella
Le elezioni
La previsione sempre più probabile è che si vada a votare il 25 settembre o il 2 ottobre. Siccome tuttavia il 25 settembre cade una festività ebraica, è verosimile che la scelta ricadrà sulla seconda opzione. Una cosa inusuale in Italia, dove si evitano elezioni in autunno perché cadono troppo a ridosso con la discussione della legge di bilancio.
Come si decide quando andare a votare
Se si andasse alle urne, il nuovo esecutivo si insedierebbe in autunno inoltrato, tra fine ottobre e primi novembre nella migliore delle ipotesi, cioè in piena sessione di bilancio. Motivo per cui si sono sempre evitate le elezioni autunnali, per scongiurare l’esercizio provvisorio, dato che il governo deve presentare la legge di bilancio alle Camere entro il 15 ottobre.
L’articolo 61 della Costituzione recita che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti“. In passato tra il decreto di scioglimento delle Camere da parte del Quirinale e le successive urne sono trascorsi sempre tra i 60 e i 70 giorni. Sembrano tempi lunghi, ma c’è molto da fare: presentare le liste, per esempio, che devono essere sostenute da un numero tra le 1.500 e 2.000 firme in ogni circoscrizione proporzionale per i partiti che non hanno gruppi parlamentari. Se le Camere venissero sciolte nei prossimi giorni, la prima data utile sarebbe il 25 settembre, da scartare però per la concomitanza di una festività ebraica.
Motivo per cui si caldeggia domenica 2 ottobre. Sempre l’articolo 61 della Costituzione stabilisce che “la prima riunione delle Camere ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”, quindi si arriverebbe a una data tra il 15 e il 22 ottobre. L’iter prevede l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, poi la formazione dei gruppi parlamentari e a quel punto il Capo dello Stato apre alle consultazioni per la formazione del governo. Ricordiamo che nel 2018 si votò il 4 marzo e il governo Conte I giurò l’1 giugno, cioè 90 giorni dopo.
[Articolo in aggiornamento]