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Le elezioni
La previsione sempre più probabile è che si vada a votare il 25 settembre o il 2 ottobre. Siccome tuttavia il 25 settembre cade una festività ebraica, è verosimile che la scelta ricadrà sulla seconda opzione. Una cosa inusuale in Italia, dove si evitano elezioni in autunno perché cadono troppo a ridosso con la discussione della legge di bilancio. Motivo per cui si valuta anche di anticipare al 18 settembre, con tempi strettissimi per il disbrigo delle pratiche elettorali.
Come si decide quando andare a votare
Se si andasse alle urne, il nuovo esecutivo si insedierebbe in autunno inoltrato, tra fine ottobre e primi novembre nella migliore delle ipotesi, cioè in piena sessione di bilancio. Motivo per cui si sono sempre evitate le elezioni autunnali, per scongiurare l’esercizio provvisorio, dato che il governo deve presentare la legge di bilancio alle Camere entro il 15 ottobre.
L’articolo 61 della Costituzione recita che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti“. In passato tra il decreto di scioglimento delle Camere da parte del Quirinale e le successive urne sono trascorsi sempre tra i 60 e i 70 giorni. Sembrano tempi lunghi, ma c’è molto da fare: presentare le liste, per esempio, che devono essere sostenute da un numero tra le 1.500 e 2.000 firme in ogni circoscrizione proporzionale per i partiti che non hanno gruppi parlamentari. Se le Camere venissero sciolte nei prossimi giorni, la prima data utile sarebbe il 25 settembre, da scartare però per la concomitanza di una festività ebraica.
Motivo per cui si caldeggia domenica 2 ottobre. Sempre l’articolo 61 della Costituzione stabilisce che “la prima riunione delle Camere ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”, quindi si arriverebbe a una data tra il 15 e il 22 ottobre. L’iter prevede l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, poi la formazione dei gruppi parlamentari e a quel punto il Capo dello Stato apre alle consultazioni per la formazione del governo. Ricordiamo che nel 2018 si votò il 4 marzo e il governo Conte I giurò l’1 giugno, cioè 90 giorni dopo.
La legge elettorale con cui si vota
L’appuntamento elettorale, oltre a segnare la fine della diciottesima legislatura della Repubblica italiana, segnerà la fine del Parlamento per come lo conosciamo. Per la prima volta nella storia repubblicana i seggi per cui competeranno i partiti saranno 600 e non più 945, portando a nuovi equilibri parlamentari e nuovi rapporti di forza, soprattutto in virtù del sistema misto maggioritario e proporzionale con cui saranno eletti i rappresentanti, in virtù della nuova legge elettorale, chiamata Rosatellum, dal nome del suo relatore Ettore Rosato (Italia Viva).
La legge costituzionale 1 del 2020 ha previsto una riduzione del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 al Senato. Prevede un sistema elettorale misto, con un terzo dei seggi tra Camera e Senato che verrà eletto in collegi uninominali, quindi tramite un sistema maggioritario, e i restanti due terzi divisi tra i partiti rispettando fedelmente i risultati percentuali che hanno ottenuto alle elezioni, quindi tramite un sistema definito proporzionale. Per poter ottenere i seggi, i partiti in competizione dovranno ottenere almeno il 3% dei voti su basi nazionale. Mentre per le coalizioni di diversi partiti la soglia è del 10%. Chi non raggiunge questa soglia non potrà eleggere alcun rappresentante. Sono consentite le pluricandidature. Alla Camera saranno assegnati 148 collegi uninominali, tramite il sistema maggioritario, in cui ogni partito o coalizione presenterà un solo candidato o candidata. La persona eletta sarà quella che prenderà almeno un voto in più degli altri nel collegio. Per l’assegnazione degli altri 244 seggi si userà un metodo proporzionale. Infine, nelle circoscrizioni estere saranno assegnati altri 8 seggi. Al Senato, i seggi verranno distribuiti più o meno allo stesso modo. I collegi uninominali saranno 74, i collegi del proporzionale 122, e i seggi degli eletti all’estero 4. L’unico correttivo entrato in vigore è quello che ha ridotto l’età per il voto al Senato da 25 anni a 18 anni.