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Yuan sottolinea che la donazione di embrioni sia estremamente importante per migliorare la conoscenza della fecondazione in vitro. Gli embrioni vengono utilizzati per addestrare i giovani embriologi a prelevare piccoli campioni genetici, in modo che possano essere testati per individuare determinate malattie. Yuan sta anche utilizzando gli embrioni donati per trovare il modo di migliorare il terreno di coltura in cui gli embrioni vengono coltivati fuori dal corpo dei pazienti, allo scopo di aumentare le possibilità di impianto nell’utero. La speranza di Yuan è che migliorando il modo in cui gli embrioni vengono coltivati al di fuori del corpo aumenti le probabilità di una gravidanza stabile.
Il ruolo dei movimenti antiabortisti
Dal momento che gli Stati Uniti non hanno leggi federali che la tutelino, la ricerca sugli embrioni potrebbe diventare il prossimo obiettivo delle campagne antiabortiste. Qualsiasi movimento di opposizione alla ricerca sugli embrioni umani potrebbe finire per colpire anche la fecondazione in vitro, che prevede di scartare gli embrioni sani in eccesso. Guardare l’esempio della Louisiana potrebbe essere utile per capire come questo potrebbe succedere. Nello stato è vietata la distruzione di embrioni idonei, il che significa che gli embrioni congelati che non vengono utilizzati devono essere conservati a tempo indeterminato. Quando l’uragano Katrina colpì lo stato nel 2005, da un ospedale allagato di New Orleans furono salvati circa 1.200 embrioni congelati. Hank Greely, bioeticista della Stanford University, sostiene che altri stati potrebbero introdurre leggi che regolamentano gli embrioni in vitro.
Un fattore che potrebbe però rendere meno probabile l’introduzione di leggi simili è il fatto che per il momento la le fecondazione in vitro e la ricerca legata alla pratica non sono state al centro dell’attenzione dei movimenti pro life, che si oppongono cioè all’aborto: “La maggior parte del movimento pro life si preoccupa dei bambini, o dei feti che sembrano bambini“, spiega Greely. Un embrione utilizzato per la ricerca viene solitamente scartato entro 14 giorni dalla fecondazione, prima che inizino le fasi iniziali di sviluppo del cervello, del midollo spinale o del cuore.
Greely aggiunge che c’è anche un altro problema legato alla ricerca sugli embrioni. All’inizio degli anni Duemila, le cellule staminali embrionali umane erano viste come una potenziale una fonte di terapie per molte malattie, tra cui il diabete. Sebbene la ricerca sia ancora in corso, al momento lo studio delle cellule staminali embrionali non ha ancora prodotto terapie significative. Al di fuori delle organizzazioni scientifiche e di alcuni gruppi che si occupano di malattie specifiche, non ci sono molte persone che si battono per difendere la ricerca sugli embrioni umani.
Yuan sostiene che se dovessero essere imposti ulteriori limiti a questo tipo di ricerca, a rimetterci sarebbero soprattutto le persone che si sottopongono alla fecondazione in vitro. Yuan evidenzia che in paesi come il Giappone la Fivet è responsabile del 7 per cento delle nuove nascite, un dato che lascia pensare che la pratica possa arrivare a ricoprire un ruolo molto più importante anche per le nascite negli Stati Uniti. Questo significa che sarà necessario intensificare la ricerca per aumentare i tassi di successo della pratica e, di conseguenza, un aumento delle donazioni di embrioni: “L’accesso a questi materiali – la generosità dei nostri pazienti – ricopre un ruolo davvero importante“, spiega Yuan.
Ma con l’annullamento del diritto all’aborto negli Stati Uniti, il futuro della ricerca di Yuan – oltre che l’accesso agli embrioni necessari per portarla avanti – è tutt’altro che garantito: “La maggior parte dei posti non corre un rischio immediato per le prossime sei settimane o per il prossimo anno – aggiunge Yuan –. Parliamo però dei prossimi cinque o dieci anni. Cosa succederà?“.