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Partiamo dalla nota dolente. Via il dente, via il dolore. The Gray Man non è bello quanto ci si aspetta sulla carta – vedi l’elenco di stelle nel sommario. Però, diverte. Lo si vede fino in fondo e un po’ ci si affeziona. Anche se è tutto o troppo superficiale o troppo carico. Non è un difficile equilibro pecca-pregio che riguarda solo questo titolo, però. Si tratta di qualcosa che lo accomuna agli altri action all star di Netflix (Red Notice, Tyler Rake…). Per fortuna, a controbilanciare il problema ci sono diverse gradite sorprese.
Difetto – Il problema di Netflix con gli action blasonati
Il filone avventuroso con i divi più amati di Hollywood ha già coinvolto Chris Hemsworth, Ryan Reynolds, Dwayne Johnson, Gal Gadot nei titoli sopracitati… Per certi versi, mancavano solo Gosling ed Evans al fenomeno. I film che li hanno riuniti? Tutti streammatissimi, un record via l’altro, ma senza troppe lodi.
L’impressione è che, una volta bypassata la questione del biglietto al cinema, il reparto creativo (attori, regia, sceneggiatura) non si applichi mai oltre il dovuto (il minimo sindacale) per un pubblico di abbonati, mentre si assiste a un impegno invece totale da parte delle categorie più tecniche e sul fronte della musica.
Nessuno di questi titoli action e all star ha fornito grande cinema o cambiato, ridefinito, rinnovato il genere. Tutti, comunque, hanno regalato del piacevole intrattenimento.
Il mix magico delle due cose, forse, appartiene solo all’inizio dell’era delle saghe e dei franchise (Bond, Star Wars, Rambo, Rocky, Indiana Jones…), per certi versi anche l’era che l’action e il genere di avventura l’ha “fondato” nella sua forma moderna, con il prodotto attuale ridotto – salvo pochi casi – a un gioco di variazioni. Occhio, però… ci vuole maestria anche nel variare. Ce lo insegna la commedia dell’arte, dove si recitava a canovaccio, ognuno con il suo ruolo, sempre quello, i caratteri ridotti a maschere e i caratteristi a diventare i primi divi della storia, applauditi dal pubblico che amava – anche per passaparola – la loro perizia, l’essere navigati e quindi sicuri.
Difetto con pregio a sorpresa – Le stelle brillano meno degli attori di supporto
The Gray Man poggia molto sulla dinamica tra Ryan Gosling e Chris Evans, coinvolti in un gioco di caccia al killer ordito da Regé-Jean Page, con Ana de Armas pronta a fare la differenza.
In palio ci sono: per i cattivi, il recupero di una chiavetta compromettente; per il killer con un’anima Gosling e l’agente con un’etica De Armas, la propria sopravvivenza (reale o lavorativa), nonché quella dell’ex capo di lui e della sua nipotina, presi in ostaggio.
Nel mezzo, un duello ad armi impari, dove Gosling è solo ed Evans, invece, ha un budget illimitato e quindi può contare sulla collaborazione di ogni tipo di killer e mercenario possibile.
Problema: i due divi principali caratterizzano molto, troppo i loro personaggi, finendo per appiattire la loro performance. In particolare, Gosling si perde nelle faccette da duro cool e gentile, così come Evans si perde nello sguardo spiritato. Questo permette ad altri due attori di rubare loro la scena…
Pregio – l’immarcescibile Billy Bob Thornton
Artista mai abbastanza premiato, sempre in bilico tra intenso ed eccelso e intenso ma grottesco a proprio rischio e pericolo, sembrava più vecchio della sua età 20 anni fa e oggi muove l’interrogativo “come ha fatto a smettere di invecchiare?”. Billy Bob Thornton si vede poco e ha poche battute, ma quando c’è è a fuoco e riempie la scena. Vorremmo vederlo di più e più spesso.
Pregio – tra i 3 sex symbol, l’outsider gode
In un film con Ryan Gosling, Chris Evans e Regé-Jean Page, sembra esserci l’imbarazzo della scelta nel decidere chi risulti più affascinante. Bene, non è nessuno dei tre, ma – come anticipa Evans in una battuta del film – un inesorabile killer tamil interpretato dal divo nato a Madras Dhanush. Anche lui vogliamo vederlo di più, adesso che è emerso in una pellicola mainstream internazionale dopo anni di successi in patria. L’attore tiene la scena benissimo, con una resa nelle coreografie delle scene di combattimento che ha pochi pari. Con lui, spicca pure il suo silenzioso personaggio, capace di non dire niente ma esprimere scelte controcorrente, coraggiose. Tanto da finire per sovvertire l’ordine degli eroi previsto.
Difetto (con piccolo pregio) – la regia dei Russo
Hanno portato i film Marvel fino alla loro nuova fase, quella del multiverso. Qui, però, sembrano essersi distratti o persi. Anche se un po’ hanno sperimentato tra uso dei droni e vicinanza della camera nelle scene corpo a corpo. Solo, manca una coesione di fondo, l’organicità del prodotto finale.
Pregio – che musica, maestro! E che playlist
Henry Jackman, maestro di tensione, regala un tema portante di 17 minuti che conquista. poi, c’è una canzone dal passato ricorrente nelle scene e capace di catalizzare emozioni e attenzione, come ultimamente sanno fare certe canzoni scelte davvero bene dentro le playlist di un film o una serie tv. Ok, non siamo ai livelli del clamore suscitato da Running up that hill o The Hey Song rispettivamente in Strangr things 4 e Joker, ma Silver Bird per la voce di Mark Lindsay fa decisamente il suo in The Gray Man.
Pregio – più stunts, più location, più stupore
Complice il successo dei picchiatutto scatenati dalla saga di John Wick (non a caso creatura partorita da qualcuno cresciuto come controfigura), non ci stanchiamo mai per davvero delle scene di combattimento corpo a corpo animate da coreografie sempre più complesse e audaci. Qui abbondano come non mai anche per location geografiche, oltre che per situazioni. Finiscono quasi per avere una loro.. poesia.
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