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La climatologa dell’Università di Washington Cecilia Bitz è un’altra studiosa dell’amplificazione artica non coinvolta nello studio. Blitz sottolinea che c’è stato un ritardo nel modo in cui le aree ad alte latitudini hanno reagito ai gas serra rispetto al resto del pianeta. Lo scioglimento dei ghiacci marini ha richiesto tempo, ma ora che sta avvenendo, i livelli del calore nell’Artico sono aumentati vertiginosamente e il cambiamento è diventato molto più evidente. “I tropici si sono riscaldati prima, e ora i poli stanno recuperando, ed è una tendenza palese“, afferma la ricercatrice.
Gli effetti
Le conseguenze sono già enormi. Innanzitutto, un maggiore scioglimento – in particolare in Groenlandia, che sta perdendo circa 250 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno – implica un innalzamento del livello del mare. Inoltre, le acque più calde diventano fisicamente più grandi, un fenomeno noto come dilatazione termica, innalzando ulteriormente il livello del mare.
Anche il paesaggio sta subendo uno sconvolgimento. L’aumento delle temperature sta scongelando il suolo ghiacciato, noto come permafrost. Quando il permafrost perde acqua, crolla, trascinando con sé infrastrutture critiche, come gasdotti, strade ed edifici. “Gli abitanti dell’Artico – osserva Bitz – non hanno fatto niente per meritarsi di vivere in un ambiente tanto pericoloso“.
L’aumento delle temperature sta anche inverdendo il territorio. Le specie arbustive si stanno spostando verso nord e la vegetazione intrappola più neve al suolo. Questo impedisce al freddo dell’inverno di penetrare, potenzialmente accelerando il disgelo del permafrost. Tutta questa vegetazione in più è anche più scura – proprio come il mare è più scuro del ghiaccio – e quindi assorbe una maggiore quantità di radiazioni solari.
In pratica, l’Artico sta sprofondando nell’incertezza climatica ed ecologica. “Ogni estate mi reco con il mio team di ricerca sul campo e non so mai bene cosa aspettarmi – ammette Isla Myers-Smith, ecologista che studia il cambiamento globale presso l’Università di Edimburgo, non inclusa nello studio –. Quest’anno siamo arrivati a Inuvik, in Canada, dove una cupola di calore raggiungeva temperature di 32 gradi, ma sulla costa c’era ancora molto ghiaccio marino, che mitigava le temperature a livello locale“.
Questo variabilità rende difficile stabilire modelli relativi al mutamento dell’Artico e prevedere come questi influenzeranno il sistema climatico più in generale. Ecco perché è così importante che gli scienziati rivedano le loro conoscenze e si rendano conto che l’Artico in realtà si sta riscaldando quattro volte più velocemente rispetto al resto del pianeta.
Una delle principali preoccupazioni risiede nella possibilità che il sistema climatico raggiunga un punto critico per il quale il riscaldamento innescherebbe un rapido cambiamento. Se l’Artico si riscalda a sufficienza, per esempio, lo scioglimento della Groenlandia può subire una notevole accelerata. “Non siamo sicuri – nel caso questi punti critici esistano davvero – di quale sia il livello di riscaldamento in grado di innescare mutamenti così repentini“, afferma Michael Previdi, scienziato del clima presso l’Osservatorio Lamont-Doherty della Columbia University, non incluso nello studio. E continua, ipotizzando che in teoria un fattore di amplificazione maggiore possa “aumentare le possibilità di raggiungere uno di questi punti critici“.