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A metà luglio il presidente americano Joe Biden è partito per il Medioriente anche con l’obiettivo di ottenere dall’Arabia Saudita un impegno ad aumentare la produzione di petrolio. Un numero maggiore di barili sul mercato favorirebbe infatti l’abbassamento dei prezzi internazionali dell’energia, e di conseguenza andrebbe a ridurre il tasso di inflazione negli Stati Uniti. Ma i sauditi non hanno accolto la richiesta del presidente americano; se anche avessero voluto, comunque, gli esperti pensano che non avrebbero potuto pompare tanto di più rispetto a quanto fanno già.
Il primo produttore di petrolio al mondo non è l’Arabia Saudita, però: sono gli Stati Uniti. Il greggio di cui ha bisogno Biden ce l’avrebbe in casa, ma non può fare affidamento sulle società domestiche per portarlo in superficie. Piuttosto che farsi prendere dalla frenesia estrattiva e aprire nuovi pozzi, molte di queste preferiscono accontentare gli azionisti e concentrarsi sul rigore di bilancio: meno spese e dividendi migliori.
In realtà, nel Bacino Permiano – un ricco campo petrolifero tra il Texas e il New Mexico – ci sono delle imprese che vorrebbero trivellare per cavalcare la fase di prezzi alti, ma non possono farlo: gli manca la sabbia, necessaria al processo di fratturazione (fracking) delle rocce di scisto che intrappolano gli idrocarburi. La carenza ammonta a oltre un milione di tonnellate, e ha finito per far costare la materia prima molto di più. Alla chiusura del 2021 – riporta Bloomberg – una tonnellata di frack sand costava 22 dollari; all’inizio di luglio ne valeva all’incirca 55. Per arginare la crisi degli approvvigionamenti in Texas, alcuni petrolieri hanno scelto di farsi recapitare la sabbia dal Wisconsin (migliaia e migliaia di chilometri a nordest) via treno, pagando quasi il doppio.
Non è raro che la sabbia impiegata per l’esplorazione petrolifera nel Permiano percorra grandi distanze, compressa all’interno dei camion. Eppure il bacino non è ricco solo di greggio e gas ma anche di arenarie, pietre dalle quali è possibile estrarre la sabbia per il fracking. Attualmente negli Stati Uniti si producono 25 milioni di tonnellate di sabbia per l’industria petrolifera, ma la domanda è superiore del 5 per cento circa. Le società minerarie tradizionali non riescono a soddisfarla tutta perché hanno problemi logistici, legati soprattutto alla scarsità di autisti che dovrebbero trasportare i granelli fino ai luoghi di utilizzo. Aziende come Nomad Proppant e Hi-Crush promettono però di rivoluzionare questo modello organizzativo: hanno sviluppato macchinari che consentono di estrarre la sabbia nelle immediate vicinanze dei pozzi petroliferi. In questo modo si riducono i tempi di trasporto e le spese, diminuisce la necessità di camionisti e si apre allo sfruttamento di depositi sabbiosi più piccoli, finora trascurati perché poco redditizi con le tecnologie convenzionali.