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Si può ottenere la cittadinanza anche sposando una cittadina o un cittadino italiani. “Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero”, si legge sul sito del ministero dell’Interno.
Tuttavia, dopo la conversione in legge del primo decreto cosiddetto “sicurezza” promosso dal leader leghista ed ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, per ottenere la cittadinanza italiana è necessario passare un esame di lingua di livello B1, che attesti la conoscenza dell’idioma.
Infine, per chi non ha alcuna lontana origine italiana né marito o moglie italiani, il processo diventa complicatissimo. L’Italia è infatti uno dei paesi con i requisiti più severi per concedere la cittadinanza alle persone migranti. Per chi proviene da paesi al di fuori dell’Unione europea sono necessari almeno dieci anni di residenza nel nostro paese, legata al possesso del permesso di soggiorno e quindi a quella di un contratto di lavoro legale e continuativo.
Nel caso dei minorenni, anche se nati su suolo italiano, l’iter può essere perfino più lungo. Infatti i minori possono richiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto diciotto anni e aver risieduto in Italia legalmente e ininterrottamente. Così facendo, la legge esclude decine di migliaia di minori dai diritti connessi alla cittadinanza italiana, nonostante vivano e crescano nel paese. Inoltre li lega alla condizione dei genitori, il cui permesso di soggiorno potrebbe scadere e costringere quindi tutta la famiglia a lasciare il paese, andando quindi a compromettere la continuità di residenza necessaria per ottenere la cittadinanza.
Le proposte alternative
Negli anni, molti partiti, prevalentemente di centrosinistra, hanno provato a introdurre nuove leggi per ampliare il diritto alla cittadinanza. Una di queste è il cosiddetto ius soli, lo stesso sistema che vige negli Stati Uniti, secondo cui a chiunque nasca su suolo italiano dovrebbe venire riconosciuta la cittadinanza. Questa proposta, però, è stata fortemente osteggiata dagli schieramenti di destra e pertanto si è pensato a una soluzione alternativa.
Si tratta del cosiddetto ius scholae, cioè per dare la cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi nel paese. Sono state proposte diverse varianti di questa opzione, ma quella arrivata alla Camera a giugno 2022 punta a riconoscere il ruolo della scuola nella formazione civica dei minori figli di migranti, nati in Italia o arrivati prima di aver compiuto dodici anni. Se la proposta dovesse diventare legge, tutte le persone di origine straniera al di sotto dei 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo aver frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni.
In base al testo, lo ius scholae “prevede che possa acquistare la cittadinanza il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età” qualora “abbia risieduto legalmente e senza interruzioni” nel paese e “abbia frequentato nel territorio nazionale, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione”.