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Con il suo sponsor tecnico, Nike, Campos aveva pure lavorato direttamente al design di alcune sue famose maglie da portiere, con geometrie irregolari combinate ai colori più accesi e sgargianti. Come avrebbe spiegato più tardi, il portiere aveva una precisa ispirazione per quelle sue creazioni: il surf. «Amavo quei colori, e mi piaceva indossarli in spiaggia, nei miei anni da ragazzo ad Acapulco. Erano colori così unici che ho deciso di utilizzarli anche per giocare a calcio. I tifosi se ne sono subito innamorati».
È la grande stagione delle maglie “pazze” dei portieri: come Campos, tanti colleghi decidono di sfoggiare tra i pali alcuni dei kit più stravaganti mai visti in campo. Per i brand, gli anni Novanta è il decennio della sperimentazione nel calcio: ci sono le fantasie acid di Umbro, l’arrivo prorompente di Nike, i tessuti jacquard di brand italiani come Kappa e Lotto. Il calcio assume la forma per come la conosciamo oggi, con il merchandising che diventa pilastro fondamentale della strategia di posizionamento commerciale delle squadre e le divise che, di conseguenza, si moltiplicano, arrivando a tre e persino quattro a stagione, e che inglobano elementi nuovi e audaci come non mai.
Nel caso dei portieri, la sperimentazione è ancora più marcata: non c’è nemmeno da considerare il rispetto della tradizione e dei colori sociali, i brand hanno mano libera per divertirsi e dare sfogo alla creatività più galoppante. Un decennio irripetibile, perché poi, in seguito, le maglie dei portieri sarebbero tornate a essere identiche per marchio, limitandosi alla funzione di distinguersi dalle divise dei giocatori di movimento. Se negli ultimissimi anni qualche nuovo guizzo di creatività c’è stato, non c’è dubbio che ancora oggi gli anni Novanta abbiano costituito una fonte di ispirazione inarrivabile per qualsiasi designer – non solo di calcio, oltretutto.