martedì, Ottobre 3, 2023

Storia della sassofonista che ingannò il Kgb con un codice segreto

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Ho scelto una nota a caso per cominciare e da lì ho creato l’alfabeto. Una volta che lo si conosce, diventa piuttosto facile usarlo. Ho insegnato il codice anche ai miei amici che erano in viaggio con me – racconta la Goldberg –. L’abbiamo usato per segnare gli indirizzi delle persone e altre informazioni che ci sarebbero servite per trovarli. Abbiamo codificato i dati di molti sul posto, in modo da avere le informazioni necessarie per farli emigrare, oltre a dettagli che speravamo potessero aiutare altre persone con le stesse intenzioni“.

Le tappe e l’espulsione 

I musicisti statunitensi avevano fatto tappa a Mosca prima di dirigersi a Tbilisi. Nella capitale della Georgia e successivamente a Yerevan, la capitale dell’Armenia, riuscirono a incontrare i membri dell’Orchestra fantasma, molti dei quali parlavano un po’ di inglese, facendo conoscenza, suonando insieme e addirittura organizzando piccoli concerti improvvisati.

Durante gli otto giorni di viaggio, i musicisti furono costantemente pedinati da agenti sovietici e vennero ripetutamente fermati per essere interrogati. Goldberg racconta che i membri dell’Orchestra fantasma, che erano quotidianamente sottoposti a trattamenti simili, avevano dato a lei e ai suoi colleghi consigli e incoraggiamenti. Quando gli americani esprimevano il timore che la loro presenza potesse mettere in pericolo gli attivisti, i membri dell’orchestra sottolineavano con risolutezza l’importanza di trascorrere del tempo insieme. Alcuni degli attivisti, aggiunge tuttavia Goldberg, pagarono con l’arresto e con percosse quelle interazioni.

La seconda sera, mentre suonavamo insieme, è arrivato il Kgb e ha chiuso tutto. Hanno staccato la corrente. La situazione era spaventosa – racconta Goldberg –. Quando suoniamo, però, nessuno può toglierci il senso di libertà e di potere. Suonare e comunicare con le persone attraverso la musica non ha eguali. Sono rimasta stupita dalla forza generata dalla musica; può essere molto confortante, ma trasmette anche un senso di potenza“.

Dopo la permanenza a Yerevan, i musicisti americani avevano programmato di andare a Riga, la capitale della Lettonia, e poi a Leningrado, l’attuale città russa di San Pietroburgo. Infine, avrebbero dovuto fermarsi a Parigi prima di tornare negli Stati Uniti. Invece, furono fermati e interrogati di nuovo. I musicisti avrebbero dovuto finire agli arresti domiciliari a Yerevan, ma Goldberg riporta che i funzionari armeni si erano mostrati contrari all’intrusione del Kgb, preferendo lasciare che continuassero il viaggio. Alla fine, però, i musicisti furono prelevati e scortati a Mosca, dove gli agenti sovietici confiscarono i loro passaporti. Goldberg racconta che il gruppo fu portato in giro per Mosca per diverse ore, forse come tattica intimidatoria, prima di essere finalmente autorizzato a soggiornare in un dormitorio sorvegliato da giovani soldati armati di mitra.

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