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Martedì, poco prima della visita della speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a Taiwan, alcuni siti governativi di Taipei sono stati colpiti da attacchi ddos (acronimo di distributed denial of service). Anche se non non ci sono ancora prove definitive, gli attacchi sono probabilmente riconducibili a una manovra cinese. Pechino si è infatti opposta con forza alla visita di Pelosi a Taiwan, arrivando a minacciare esercitazioni militari attorno all’isola.
I ddos sono attacchi coordinati contro un portale, mirati a sovraccaricarlo di richieste fino a renderlo inutilizzabile. Di solito non sono considerati gravi, e generalmente non comportano danni di lungo termine alle infrastrutture come altre tipologie di attacchi informatici. A Taiwan sono stati quattro i siti colpiti: quello della presidente Tsa Ing Wen, quello dei ministeri della Difesa, degli Affari Esteri, e dell’aeroporto più grande del paese, il Taiwan Taoyuan International.
La visita di Pelosi ha causato un’escalation di tensioni con la Cina. Il ministro degli esteri della Repubblica Popolare, Wang Yi, ha commentato che i politici statunitensi stavano “giocando con il fuoco” e che le conseguenze non sarebbero state positive. Taiwan, uno stato tradizionalmente alleato dell’Occidente, non è tuttavia riconosciuto formalmente dagli Stati Uniti. Washington accetta, sulla carta, la cosiddetta “one China policy”, la posizione diplomatica della Repubblica Popolare che, da sempre, considera Taiwan parte del suo territorio. Per questo la visita ufficiale di Pelosi non è risultata gradita a Pechino: si tratta di un segnale di riconoscimento dell’indipendenza di Taiwan e della sua esistenza come entità separata dalla Cina comunista.
La questione taiwanese è sempre stata un punto caldo delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cina. Al momento Taiwan occupa una posizione strategica nella catena di approvvigionamento globale di microchip e semiconduttori – componenti essenziali di computer e dispositivi elettronici. L’azienda Taiwan Semiconductor Manufacturing Company controlla più della metà del mercato nel bel mezzo di una carenza globale. Stati Uniti, Cina e molti altri paesi sono fortemente dipendenti da Taipei per quanto riguarda l’offerta di microchip. Si sono fatti anche parallelismi, talvolta fuori luogo, tra Taiwan e Ucraina, per descrivere le relazioni tra una superpotenza e uno stato minore che rischia di perdere la sua indipendenza – la storia delle due aree e degli stati in questione è molto diversa. Le tensioni montano, e lo stretto taiwanese ha ancora una volta gli occhi del mondo puntati addosso.