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«La musica, meglio di quasi ogni altra cosa che gli scienziati conoscono, impegna simultaneamente tutte le aree del nostro cervello e provoca il rilascio di sostanze neurochimiche al suo interno», ha scritto il neuroscienziato (e musicista) Daniel J. Levitin, nel suo libro Fatti di musica. La scienza di un’ossessione umana. Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo sperimentato la capacità che la musica ha di influire sull’umore, anche modificandolo. Ecco perché, nel caso di pazienti affetti da Alzheimer o, più in generale, di persone che manifestano segni di demenza senile, può diventare un prezioso alleato per aumentare la stimolazione cerebrale e favorire i ricordi.
L’azienda australiana Music Health è partita proprio da queste considerazioni per progettare Vera, un’applicazione che sfrutta la tecnologia AI (intelligenza artificiale) per riprodurre musica significativa per persone con problematiche legate alla memoria.
«I nostri gusti musicali sono unici come il nostro DNA e le canzoni che fanno parte nostra vita aprono le porte della nostra memoria», spiegano i creatori dell’applicazione, «Semplicemente, il nostro cervello ha molta più facilità a recuperare un ricordo specifico, se ad esso è associata una canzone». Ascoltare musica rilassante, al pari di una bella corsetta, può aiutare a ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone che, se prodotto in quantità eccessive, causa stress, ansia e fa aumentare la pressione. La chiave per vivere meglio è tenere sotto controllo questo ormone. «Sentire le canzoni che amiamo aumenta i livelli di dopamina nel cervello. Questo neurotrasmettitore invia segnali dal corpo al cervello e aiuta a controllare le nostre funzioni emotive e comportamentali. Bassi livelli di dopamina sono spesso correlati a demenza, depressione e a problemi di salute mentale. Dunque la musica è uno stimolo emotivo che può essere particolarmente utile per le persone che stanno sperimentando un declino cognitivo».
Come funziona Vera
L’applicazione funziona come un detective musicale, che scopre i brani specifici del passato della persona. in base alla sua storia. I pazienti o i loro assistenti inseriscono nell’applicazione tutta una serie di dati chiave per l’ascoltatore (luogo e data di nascita, lingue parlate, eventuali altri posti in cui ha vissuto…). Tutti elementi molto utili, anche per individuare quali fossero le hit in un certo periodo. Chi utilizza la piattaforma poi può selezionare playlist diverse, anche in base al mood del paziente. La recente partnership esclusiva con Universal Music Group ha assicurato a Vera un catalogo musicale sterminato. «Mettiamo gli assistenti in condizione di integrare la musica personalizzata nella routine quotidiana, per aiutare a gestire i comportamenti difficili e migliorare la qualità della vita delle persone assistite», racconta il responsabile di una casa di riposo di Nuriootpa (città del sud dell’Australia), entusiasta dell’applicazione, «Si adatta perfettamente a chi risiede qui da noi. Entri in una stanza e Vera è già caricata con i gusti musicali di quella persona, con i suoi dati demografici e lo stile della sua epoca. Basta premere play e quella che vedi una faccia felice». Si tratta di un percorso molto apprezzato anche dai familiari di chi ha problematiche e patologie legate alla memoria. Anche chi sta loro vicino può partecipare: «Possono entrare, sedersi con mamma/papà o con nonna/nonno, ascoltare la musica con loro e sperimentare quel flusso di ricordi che arriva con essa. Per esempio, una delle nostre pazienti adora Elvis e ascoltarlo su una piccola cassa bluetooth che le abbiamo dato, le ha cambiato la giornata. Prima non voleva nemmeno alzarsi dal letto, adesso, ogni volta che le passo accanto, sorride e questo fa un’enorme differenza».
Una palestra per il cervello
«Durante il processo di invecchiamento, ascoltare o suonare musica è un’ottima maniera per far fare ginnastica al cervello, fornisce un allenamento davvero completo», lo sostengono i ricercatori della Johns Hopkins, che hanno fatto improvvisare musica ad artisti jazz e rapper, mentre stavano sdraiati all’interno di una macchina fMRI (risonanza magnetica funzionale), in modo da poter osservare quali aree del loro cervello venivano attivate.
Il suggerimento degli esperti poi è quello di sperimentare più varietà musicale possibile: ascoltare ciò che ascoltano i figli o i nipoti. Avvicinarsi a sonorità che non si conoscono mette la testa di fronte a una sfida continua. «Spesso continuiamo ad ascoltare le stesse canzoni e gli stessi generi musicali che ascoltavamo a 20 anni, ma la nuova musica stimola il cervello in un modo completamente diverso. All’inizio può non essere piacevole, ma la mancanza di familiarità costringe il cervello a lottare per comprendere il nuovo suono».
L’applicazione Vera per il momento non è ancora disponibile in Italia, ma sul sito di Music Health è possibile mettersi alla prova sui gusti musicali dei propri genitori (o dei famigliari, più in generale). Dopo aver inserito l’anno di nascita dei suddetti, si possono ascoltare e votare una serie di canzoni, usando come parametro il loro ipotetico gradimento.
«Mi piace sentire le storie delle famiglie che riescono finalmente a trovare una connessione con i loro cari, grazie ai ricordi che tornano a galla», spiega Stephen Hunt, co-fondatore e direttore operativo di Music Health, «La musica è un ottimo metodo per sbloccarli. Che tu abbia 18 o 80 anni, la musica ti regalerà sempre qualcosa».