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Ma “la guerra e l’inflazione”, a sentire l’ad Sebastian Siemiatkowski, hanno portato Klarna a licenziare a fine maggio il 10% della forza lavoro globale, che si aggirava sulle seimila persone. Tutto questo pochi giorni dopo l’apertura di una sede a Milano, ironicamente nel coworking WeWork, altro gigante colpito duramente dalla congiuntura negli anni scorsi, in quel caso pandemica. Il focus della presentazione, affidata alla Casaleggio Associati, era un’indagine sui nuovi posti di lavoro creati dal commercio elettronico. I duecento dipendenti italiani rischiano? “Direi di no”, risponde a Wired Passone.
La voce che gira nell’ambiente è che la società sia cresciuta troppo in fretta, anche in virtù di un approccio estremo che tende a trattenere il cliente sulla piattaforma più a lungo possibile, una super-app che consente di gestire ogni aspetto dell’acquisto.
Passone, indirettamente, conferma: “L’anno passato abbiamo acquisito numerose startup per offrire una gamma completa di servizi che vanno ben oltre i pagamenti dilazionati”. A Klarna lo chiamano smooth shopping: un’esperienza di acquisto liscia come l’olio, prima durante e dopo la transazione. “Il Buy now pay later è solo uno dei servizi del nostro ecosistema – riprende Passone -. Sulla nostra app, la gamma è ampia: esiste anche la possibilità di richiedere consulenze a un commesso collegato dal negozio, o una dimostrazione in diretta, per esempio di un aspirapolvere”.
Alla notizia dei licenziamenti (arrivata con un algido comunicato), un ex dipendente ha messo online la lista di chi aveva perso il lavoro dall’oggi al domani, con qualifica e dati di contatto (ecco il Google doc). L’elenco aveva il senso di favorire la ricerca di una nuova occupazione. Avvisato della cosa, l’ad Siemiatkowski ha provato a uscirne bene. “Abbiamo fatto una selezione dura per assumerli, se fossi un recruiter passerei del tempo su questo elenco”, ha scritto in un post su Linkedin, dichiarandosi dispiaciuto per la decisione presa. Poco sotto, c’era anche il link al documento. La mossa, però, non ha avuto il successo sperato a livello comunicativo.
Con la valutazione ridotta dell’80%, si è resa necessaria una correzione di rotta. Ma il brand resta solido, il servizio è utilizzato, le basi per la continuità aziendale ci sono. Anche se pesano le perdite per 245 milioni di dollari (primo trimestre 2022) e 634 milioni (l’anno scorso), i 400mila partner retail (che includono nomi come Nike, Ikea, Sephora, Expedia) e centocinquanta milioni di utenti rappresentano una base su cui ripartire per quella che anche Siemiatkowski definisce una nuova fase.
Clearpay: l’australiana quotata
Klarna non è l’unico attore nel mercato del Bnpl presente in Italia. Tra i principali player c’è l’australiana Clearpay, nata nel 2014 con l’esplicativo nome di After Pay, e che mantiene in alcuni mercati, “tra cui quello principale, gli Stati Uniti”, dice a Wired la country manager italiana Federica Ronchi. Nel 2019 lo sbarco nel Regno Unito, nel 2021 quello in Italia Francia e Spagna. “Ma siamo presenti anche in Nuova Zelanda e presto apriremo in Germania”, aggiunge.