Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Domino’s pizza ha chiuso definitivamente tutti i suoi negozi in Italia. Conosciuta anche per aver contribuito alla diffusione della pizza con l’ananas, la catena di ristoranti statunitense ha aperto la sua prima filiale italiana nel 2015, pianificando di aprirne altre 880 in tutto il paese. Tuttavia, in sette anni Domino’s è riuscita ad aggiungere solo altre 28 pizzerie alla sua catena, accumulando invece circa 10,6 milioni di euro di debiti.
Sebbene il sito web italiano dell’azienda sia rimasto attivo, i punti vendita di Torino, Parma, Roma e di altre città hanno mostrato ai clienti lo stesso messaggio: “chiuso”. I piani di espansione della pizzeria statunitense si sono infranti contro la tradizione e la qualità delle pizzerie locali, al taglio o al piatto, premiate dalla fedeltà degli avventori così come dalla curiosità dei turisti, più interessati a provare la vera pizza italiana rispetto alla versione standardizzata statunitense.
Al suo ingresso in Italia, Domino’s prevedeva di riuscire a distinguersi dalle altre pizzerie grazie al suo efficiente servizio di consegne a domicilio strutturato a livello nazionale e all’offerta di condimenti particolari in stile statunitense, come la famosa hawaiana, la margherita con l’ananas, o la cheeseburger. Tuttavia, negli ultimi anni i servizi di consegna a domicilio hanno conosciuto una diffusione sempre maggiore, coinvolgendo la maggior parte delle piccole pizzerie locali, oltre a quelle più famose dei grandi centri urbani.
Così, da un mercato in cui la consegna a domicilio era diffusa solo in alcune grandi città, Domino’s si è trovata improvvisamente a competere con una concorrenza sempre maggiore, aumentata in particolare durante la pandemia. Deliveroo, Just Eat, Glovo e altri, hanno permesso a tutte le piccole imprese di offrire il servizio a domicilio ai loro clienti, rendendo una delle caratteristiche fondamentali di Domino’s meno attrattiva per gli utenti del secondo mercato di consumatori di pizza più grande al mondo, dopo gli Stati Uniti.
Inoltre, secondo Stefano Auricchio, direttore dell’Associazione verace pizza napoletana intervistato dal New York Times, negli ultimi anni gli italiani e le italiane hanno evoluto il loro palato per la pizza, andando alla ricerca di prodotti artigianali, di maggiore qualità, e imparato a riconoscere il lavoro e le capacità degli chef. La ricerca di una qualità artigianale e la diffusione dei servizi di food delivery hanno quindi colpito il modello di business di Domino’s, costringendo l’azienda alla chiusura. La società ha anche dovuto chiedere la protezione giudiziaria contro i creditori al Tribunale di Milano, dopo aver terminato la liquidità con cui saldare i propri debiti.