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La strada che ha preso il grande player californiano fondato da Storey è da tempo quella intrapresa dall’italiana Ono Exponential Farming come spiega Thomas Ambrosi: “Ci chiamiamo Ono da Taiichi Ono, l’ingegnere che ha inventato il sistema lean alla Toyota: abbiamo mutuato questo nome per richiamare una produzione flessibile, snella”. È quello che Ono ha presentato a New York: un nuovo modo di produrre ma anche un nuovo modello di business per il vertical farming. Per quanto riguarda il primo punto, l’alta automazione ha un ruolo fondamentale: “Presentiamo la possibilità di avere un sistema diverso da quello a scaffali, che è quello più noto nell’ambito del vertical farming, dove c’è un sistema fisso di allocazione dei vassoi dove sono coltivate le piante. Il nostro, invece, permette dei posizionamenti degli scaffali più vicini tra loro, ogni 5 centimetri.
L’altra idea di Ono è basata sulla creazione di un network di grower per “aprire il mercato condividendo le informazioni e utilizzando le potenzialità dell’intelligenza artificiale: le nostre informazioni le diffondiamo a tutti tramite il cloud e poi vengono distribuite a tutti i farmer del nostro network. Così se hai una farm piccola e dover acquistare un robot diventa proibitivo, noi consentiamo la condivisione di risorse”. Così si consente anche a chi ha a disposizione un investimento minimo, che parta da almeno 300mila euro oltre ad una fee annuale da pagare ad Ono, di entrare nel mondo del vertical farming.
“Anche chi finanzia i grower ha un rischio più basso, perché le nostre macchine essendo molto più piccole e quindi meno onerose dei grandi apparecchi usati nelle gigafarm permettono di frammentare il rischio e questo apre ancora più possibilità di sviluppo. Infine, con le imprese del nostro network condividiamo anche le ricette di coltivazione, diversamente da come si fa normalmente”. Un tema rilevante perché i prodotti delle fattorie verticali possono essere coltivati con obiettivi specifici: ottenere una foglia più croccante o un gusto diverso. Questo si fa cambiando condizioni ambientali, esposizione alla luce, nutrienti e quindi attraverso un processo naturale, senza aver bisogno di alcuna modificazione genetica. L’ottimizzazione del prezzo a cui punta Ono passa anche da un’alta automazione e un’ottimizzazione del consumo di energia per l’illuminazione, usandone circa un terzo rispetto agli altri competitor. È quest’ultimo uno dei punti importanti su cui moltissimi player del vertical scommettono: avere Led sempre più performanti e a basso costo. Su quest’aspetto entra in scena Igrox, la terza realtà italiana presente all’Indoor AgTech Innovation summit.
Vertical farmers, una priorità: abbattere i costi del Led
“Potrei dire che il Led di Igrox è il più efficiente in assoluto al mondo. Ma se parliamo dal presupposto che il Led è una commodity, questa cosa non è vera perché non ho una tecnologia diversa da Philips o altri giganti. Lo posso dichiarare per un motivo semplice: sono un distributore di Led, quindi compro direttamente dal produttore. Mentre il mio competitor che non è un distributore deve comprare da un distributore. E anche se ne compra un milione, il prezzo del mio Led sarà comunque migliore. La verità è che produco tutto internamente e questo mi da diversi vantaggi competitivi”. Alessandro Olivieri, fondatore di Igrox, è uno di quegli imprenditori self-made che da un lavoro come dipendente nell’ambito dell’illuminazione ha fatto il grande salto e oggi nella fiera di New York è un altro degli speaker sul palco del Marriott Hotel. “Noi nel 2017 abbiamo creato l’expertise del biologo esperto di illuminazione sul vertical farming. Fin dall’inizio abbiamo iniziato spendendo le skills che avevamo, che non hanno un valore assoluto, ma abbiamo sfruttato il delta temporale. Avevamo competenze che nessuno aveva al tempo, producevamo di più perché sapevamo delle cose in più di altri. Io ho studiato ingegneria, ma non ho il pollice verde e non sapevo nulla di questo mercato ma nel 2017 si cominciava a parlare moltissimo di questa orticoltura: ho la fortuna di avere una moglie che ha un dottorato in biologia e grazie a lei ho scoperto questo mondo”. Lasciato il lavoro, con la moglie incinta del suo primo figlio, quando Olivieri ha iniziato, prima ancora di definire il logo, aveva già in tasca una commessa da 75mila euro: oggi lavora in partnership con il colosso del settore TCI. È nell’efficienza dell’illuminazione, ovvero Led sempre più performanti ed economici, che sperano i visionari del vertical farming: è quella la prossima frontiera da abbattere a livello tecnologico per ottimizzare i costi di produzione.