lunedì, Giugno 5, 2023

L'Istituto italiano di tecnologia punta forte su intelligenza artificiale e big data

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Tra i risultati vale la pena citare non tanto un brevetto specifico – per quanto abbiamo ottenuto alcuni brevetti di potenziali farmaci che entreranno in sperimentazione e che riteniamo potrebbero essere rivoluzionari – quanto risultati a elevato impatto. In un nostro progetto finanziato dalla Regione Valle d’Aosta abbiamo iniziato la prima terapia mirata e personalizzata per un paziente malato di cancro utilizzando un sofisticato screening computazionale del materiale genetico. In poche parole, la medicina di precisione è a portata di mano e nei prossimi anni ne beneficeranno tanti altri pazienti.

Molto spesso, i risultati che si sono conseguiti nella ricerca sponsorizzata di tipo industriale, il 15 per cento del budget di Iit, non è neanche brevettata ma semplicemente incorporata nei prodotti delle aziende. In altri casi, la nostra missione di trasferimento tecnologico si estrinseca nella creazione di aziende (startup). Nel 2022 sono già cinque.

Dovesse indicare la più grande scommessa al momento in cantiere all’Iit, per “scommessa” intendo il fronte di ricerca più promettente e di rapida implementazione, quale citerebbe?

Bastano due parole: ‘Ai first’. Nel prossimo Piano strategico, che vedrà la luce il primo gennaio 2024, vorrei rendere qualsiasi attività sperimentale di Iit una sorgente di dati, probabilmente “big”, opportunamente preparati e conservati per consentire l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale, intesa nel suo senso più ampio. Penso a laboratori dove l’automazione ci rende più veloci, dove l’Ai ci aiuta a selezionare tra le tantissime possibilità di interpretazione dei dati, nei quali lo scienziato utilizza in maniera trasversale gli algoritmi per essere più efficiente nelle proprie ricerche. L’esperimento sarà sempre la dimostrazione ultima della correttezza delle ipotesi, ma la velocità cambierà proprio grazie alla computazione. Faremo tantissimo in silico prima di spostarci nel mondo fisico. Immagino una scienza dove non si pensa più ad alcuna barriera, sia questa tra le discipline piuttosto che la distinzione tra teoria e applicazioni.

In che modo la crisi geopolitica, delle materie prime ed energetica hanno cambiato le priorità della ricerca?

Il nostro Piano strategico prevede tra le grandi sfide alle quali vorremmo dare una risposta quella della sostenibilità e quella della salute, tematiche strettamente correlate allo stato di salute generale del nostro ecosistema e a quello particolare dei cittadini. I risultati epidemiologici dei tumori, della diffusione delle malattie trasmissibili, di quelle mentali e, in generale, della qualità della vita mostrano un legame diretto con inquinanti, stato dell’ambiente e delle città, cambiamento climatico. Il nostro programma vede quindi linee di ricerca che lavorano allo sviluppo di materiali biodegradabili da una parte e robotica per l’agricoltura di precisione dall’altra, abbiamo scienziati che si occupano di cattura della CO2, così come chi sviluppa nuovi materiali per la realizzazione di sistemi fotovoltaici. Questi sono solo alcuni degli esempi estratti da un programma complessivo che vede al lavoro 82 gruppi tematici con circa 1.600 persone in totale direttamente dedicate alla ricerca. Credo che sempre di più, il dovere degli scienziati, almeno per tutto questo secolo sarà quello di adoperarsi affinché la scienza e le tecnologie da essa derivate affrontino il problema del cambiamento climatico, mantenendoci nel contempo in salute. Una decrescita felice non esiste, la transizione basata sulla scienza sì. Un appello ai decisori, di qualsiasi nazionalità essi siano: dobbiamo agire in fretta perché il modello attuale porterà a conseguenze nefaste molto velocemente.

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