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Piero Angela ha sempre portato il jazz con sé e più volte ha voluto esibirsi in qualità di ospite o all’interno delle sue stesse trasmissioni. La seconda vita da jazzista è diventata una curiosità che periodicamente saltava fuori sui giornali e in tv quando si parlava di lui. Sarebbe stato un grande musicista se Peter Angela (così si faceva chiamare da musicista) non fosse diventato il più grande divulgatore italiano di sempre?
Non è possibile, né ha veramente senso trovare una risposta a questa domanda. «Il jazz è un modo di fare musica che permette a tutti di esprimersi a vari livelli. È un modo di fare musica non solo per eseguirla, ma per esserne autori,» sosteneva Piero Angela che ha sempre amato sottolineare l’importanza di fare musica perché insegna a capire cosa significa sentirsi liberi. Il jazz per lui era un modo di assaporare il valore della libertà all’interno di una linea armonica, perché suonare significa dovere imparare a capire qual è il proprio ruolo in un gruppo, acquisire una profonda autodisciplina e imparare a comunicare con chiarezza e sentimento.
Non importa stabilire in quale posto inserire Piero Angela nella lista dei grandi jazzisti, ciò che è riuscito a realizzare è portare il jazz nel proprio lavoro e forse è questo che ha permesso ai suoi messaggi di raggiungere più chiaramente le persone, di creare un ponte tra scienza e mainstream. Il suo primo obiettivo era diventare un musicista ed è stato raggiunto, perché essere un musicista jazz è una questione di mentalità oltre che un’abilità. Significa essere in grado di parlare lingue diverse perché la musica è uno strumento che aiuta a capire di più e a portarci in luoghi diversi. È il segreto che ha impedito al jazz e a Piero Angela di invecchiare. Oltre all’importanza della conoscenza, suonare significa anche avere consapevolezza, una dote che si acquisisce studiando e vivendo in ascolto degli altri e dell’ambiente che ci circonda.
Nel proprio lavoro Piero Angela ha espresso la vitalità del jazz, la sua naturale capacità di assorbire stimoli dal tempo in cui vive e condividerli con il prossimo. Analizzare sempre la realtà con occhio critico, curioso e aperto è il metodo che lo ha sempre guidato. Anche se il jazz è estemporaneità, improvvisare non significa creare cose nuove dal nulla. Più volte Angela ci ha fatto capire che è la conoscenza a renderci liberi. Solo così possiamo avere il potere dell’improvvisazione perché esiste un nesso evidente tra l’arte, la musica e la nostra vita. Dal pianoforte al giornalismo divulgativo c’è stato solo un cambio del mezzo comunicativo ed espressivo che gli ha permesso di soddisfare il suo desiderio di esplorare frontiere nuove.
La paura dell’ignoto, del vuoto, del buio e di tutto ciò che non è ancora chiaro e limpido, può essere affrontata. Esattamente come accade nell’esecuzione di un pezzo jazz, armonia e improvvisazione si rincorrono: a volte possiamo avere la sensazione di perdere il senso della narrazione, a volte ci sembra di recuperarlo, altre di esserne lontani; ci sentiamo sopraffatti dalla quantità di voci diverse che ci circondano e non sappiamo dove andare; altre volte recuperiamo pienamente il controllo. Musica e narrazione giornalistica ridanno un senso allo smarrimento interiore usandolo come strumento descrittivo di ciò che ci circonda, legandoci al passato e a un possibile futuro. Nella musica si può innovare in termini creativi puri e ci si sente molto più liberi. L’innovazione è radicata nel concetto di personalità, un uomo innova quando dice qualcosa di suo, quando nel suo suono si sente il suo nome e cognome, si vede il suo viso, si sente che parla di lui e del suo tempo. Questo ha saputo fare Piero Angela.
La vocazione alla ricerca del nuovo e alla contaminazione dei generi è una caratteristica comune ai grandi artisti jazz ed è una chiave di lettura in grado di fornire alcune regole per essere sempre in grado di rinnovarsi ed evitare di finire soffocati dalle ceneri della crisi. Il vero significato della musica è la ricerca di sé stessi nel nostro continuo divenire. Esattamente come ha dimostrato e ripetuto Piero Angela, dobbiamo imparare a trasformarci e crescere raffinando il gusto attraverso la conoscenza. Oggi siamo in attesa del suo album: il sogno di una vita, un’utopia inseguita fino alla fine che si realizza. La risposta concreta a una domanda sul destino di un genere musicale che in molti hanno superficialmente considerato morto.
Il rispetto per tutti e la curiosità portano alla contaminazione dei generi, alla sperimentazione e alla crescita. Musica e giornalismo si sono incontrati in Piero Angela nello stesso modo in cui hip hop e jazz lo hanno fatto, per fare un esempio contemporaneo, in Kendrick Lamar. Così ogni cosa cambia. I giovani jazzisti di tutto il mondo hanno sempre meno remore nell’ammettere di ascoltare hip hop e pop, e incorporano sempre più quel suono nella loro musica. Hanno iniziato ad aprirsi a nuove tendenze, studi e situazioni lontanissime da quelle in cui si sono formati. La musica è un linguaggio universale.
«Sembrava riservato ma dentro di sé aveva un fuoco. Continuerà a vivere attraverso i libri, le trasmissioni e i dischi e in tutti quei ragazzi che cercano l’eccellenza con sacrificio, nei ricercatori, nelle persone che cercano di unirsi, che cercano la bellezza della natura e assaporano la vita», ha concluso commosso Alberto Angela nel discorso dedicato a suo papà. «La sua è un’eredità non fisica ma di atteggiamento nella vita. Ci ha detto di fare la nostra parte, e ora anch’io cercherò di fare la mia». Ci ha detto di suonare la nostra parte.