lunedì, Giugno 5, 2023

La società che ha portato un pezzo di Pianura padana indietro di mille anni

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Siccità, carenza energetica, smaltimento di rifiuti, mancanza di cibo, emissioni di CO2: problemi all’ordine del giorno delle agende cittadine, senza soluzioni integrate. Eppure in Italia c’è un sistema innovativo ispirato dalla natura che è pronto per essere esportato in ogni luogo del mondo. Se dai navigli di Milano si parte verso sud, lungo le arterie provinciali che portano nel cuore della provincia pavese, il paesaggio che si scopre agli occhi degli automobilisti è progressivamente uniforme: campi ben delimitati, uno attaccato all’altro, con colori sempre più caldi che variano dal giallo al marrone. Una distesa agricola infinita, uno scenario brullo, una natura piegata all’uso dell’uomo per scopi produttivi, principalmente agricoli. È qui che si scopre una parte della Pianura padana: un’area priva di vegetazione che non sia addomesticata dall’uomo, e sempre più arida, anche a causa della siccità recente

Ma è sempre qui, precisamente a a Giussago (Cascina Darsena), che si trova qualcosa di inedito da dieci secoli, uno spazio di 500 ettari che richiama la Pianura Padana di mille anni fa: un’area ricchissima di biodiversità, costellata dalle fronde alte degli alberi che ombreggiano i sentieri, il verde onnipresente, le piccole paludi. E poi cavalli e uri allo stato brado, usignoli che cinguettano mentre in alto volano il tarabuso o il cavaliere d’Italia: specie autoctone, scomparse col tempo dai luoghi d’origine, ma che oggi sono tornate. Questa zona strappata al presente siccitoso e riportata indietro di mille anni è il frutto del progetto di Simbiosi. Il primo obiettivo di questa società, costato trent’anni di lavoro e decine di milioni di euro, è stato riportare quest’area di Giussago indietro di mille anni quando la piana solcata dal Po era una foresta estesa migliaia di chilometri, popolata da alberi altissimi e sottoboschi ricchi di vita. Il secondo è creare una smart land che sia l’esempio funzionale di come le grandi città potrebbero risolvere le problematiche legate all’approvvigionamento energetico, allo smaltimento della CO2 e ai rifiuti.

Perché è nato il progetto Simbiosi

L’area di Giussago è un luogo unico ai confini tra il pavese e la cintura di Milano: in linea d’aria, si trova a 18 chilometri da Piazza Duomo. Qui, attraverso tecnologie agritech, una porzione di Pianura Padana è stata riportata alle condizioni di fertilità e biodiversità di 1000 anni fa. Una trasformazione ottenuta senza utilizzare alcun prodotto chimico, ma soltanto attraverso tecniche legate all’agricoltura esportabili in tante altre zone d’Italia per rivitalizzare i deserti agricoli presenti nel Belpaese. In questo luogo di proprietà della famiglia dell’ex Premio Nobel per la chimica Giulio Natta sono nate una serie di soluzioni che impiegano i concetti della blue economy, dell’economia circolare, osservando e studiando l’efficienza degli ecosistemi naturali per replicare quanto fa la natura nell’ottimizzazione dell’uso delle risorse, anche a servizio dell’industria. La scintilla del progetto è in una visione, come racconta l’ad di Simbiosi Piero Manzoni: “Tra Milano e Pavia abbiamo 1700 ettari di proprietà, di cui 500 totalmente dedicati ad un progetto nato nel 1995 per passione: volevamo ricreare le condizioni ancestrali di questa terra. 

Oltre a Manzoni, l’ideatore del progetto rigenerativo è il figlio del premio Nobel, Giuseppe Natta. “Per realizzare questa trasformazione – segue l’ad – abbiamo coinvolto con tre università: la Statale di Milano, l’Università di Pavia e quella di Wageningen. Le università italiane hanno ricostruito come erano le condizioni originarie della Pianura padana, perché non era una domanda a cui potevamo rispondere senza esperti e ricerche. Quella di Wageningen, che è la migliore dal punto di vista agrario, ci ha aiutato a riportare su carta e in pianificazione le condizioni storiche per programmare la rigenerazione del territorio”. 

L’obiettivo non era solo dare nuova vita ad una distesa agricola, ma ripensare l’idea di sviluppo sostenibile di una qualsiasi città esistente. “Nei grandi agglomerati urbani vivrà l’80% della popolazione mondiale: oggi stiamo al 54% e 250 anni fa eravamo al 10%. Immaginiamoci come possano vivere 7 miliardi di persone su appena il 3,5% della superficie terraquea, che è la porzione di terra occupato dalle città. Non è questo il futuro dello sviluppo. Il futuro è il recupero del ciclo naturale dell’alimentazione, dove non c’è rifiuto. Noi abbiamo spezzato questo ciclo per diversi motivi: il primo è stato andare a vivere tutti nelle città, dove tutto ciò che è scarto è un problema, mentre nelle campagne lo scarto è tradizionalmente un vantaggio; il secondo è l’uso di energie fossili, l’estrazione di quel combustibile da sotto terra dove è rimasto immagazzinato per migliaia di anni oggi produce Co2. Per cui, ciclo dell’alimentazione spezzato e CO2 nell’atmosfera. 

La Pianura padana riportata indietro di mille anni

La rigenerazione è un processo naturale, che nasce da un’azione propositiva: così è stato per i 500 ettari di Giussago, riportati a come si stima siano stati circa mille anni fa. “Tutte le piante che si vedono in quest’area sono state ripiantumate: ci sono voluti 26 anni – spiega Vincenzo Della Monica, marketing manager di Simbiosi -. Sono state reinnestate secondo quelle che erano le caratteristiche originarie di questa zona: ripiantumate ma poi lasciate allo stato brado”. L’idea di Giuseppe Natta e Manzoni era di un tentativo di ripristino per riscoprire alcune specie, ma dopo i primi anni di reinnesti tra fauna e flora “successe l’indecifrabile: qui era un contesto di risaie che sono state riconvertite con l’obiettivo di produrre la massima biodiversità possibile – continua Della Monica – Andiamo a replicare l’esondazione dei fiumi di una volta, andiamo a piantumare le piante autoctone per ricreare l’ecosistema che c’era una volta, per quanto possibile

A parte i cavalli e gli uri che sono stati importati dalla Camargue, altri animali come la martora, l’airone o il capriolo sono arrivati da soli. Il problema dell’acqua, nonostante la siccità, qui è stato risolto grazie a una gestione oculata delle risorse idriche, al recupero dell’uso delle chiuse leonardesche, realizzate ai tempi per canalizzare l’acqua nei vari contesti e distribuirla per usi agricoli e civili, e a una falda ricca e molto alta. La combinazione di questo esperimento nasce dalla rigenerazione di fauna e flora del passato, dal recupero – dove utili – di metodi tradizionali e dall’innesto di nuove tecnologie: il tutto per creare una simbiosi armonica. Come puntualizza il marketing manager:

Campi produttivi, senza pesticidi

La pianificazione del territorio è stata una delle chiavi di sviluppo del progetto. Simbiosi non è solo un esperimento rigenerativo, ma anche un’area agricola produttiva che va oltre i 500 ettari descritti e si estende per circa 1.700 ettari. Qui le produzioni cerealicole non hanno bisogno di pesticidi e fertilizzanti.Ci consideriamo produttori di ambiente – spiega l’ad -. È un concetto olistico, significa produttori di biodiversità ma anche di efficienza ed economia circolare, cioé valorizzazione dello scarto. Nei nostri campi, la produzione di cibo coinvolge il 90% del campo coltivato mentre il 10% di questo viene dedicato a tutto quello che è il carattere agroambientale, ovvero la natura stessa che emerge al bordo del campo proteggendolo da attacchi di pesticidi esterni o insetti: il risultato è un suolo ricco di biodiversità”. 

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