Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Nel Regno Unito Sony è stata accusata di aver sfruttato la propria posizione dominante nel segmento della distribuzione di contenuti sulla piattaforma PlayStation per incrementare i prezzi di videogiochi e acquisti in-game con una pratica anticoncorrenziale. A dichiararlo è la promotrice della class action contro la società Alex Neil, che negli anni si è impegnata nella lotta per i diritti dei consumatori e che punta il dito sulle commissioni sempre più alte imposte da Sony agli sviluppatori, con conseguente lievitazione dei prezzi finali ai danni degli utenti. L’azione legale coinvolgerebbe qualcosa come 9 milioni di consumatori britannici, per un totale di circa 6 miliardi di euro.
Secondo i legali che stanno preparando la class action, tutto è iniziato nel 2016 con l’aumento al 30 per cento delle commissioni richieste agli sviluppatori da Sony, ritenute sproporzionate rispetto al costi che il colosso nipponico deve sostenere per fornire i propri servizi. Queste condizioni vengono definite come sfavorevoli e troppo onerose per i creatori dei contenuti: “Non prendiamo alla leggera questa causa contro una società come Sony, ma le fondamenta sulle quali si poggia sono molto solide, altrimenti non l’avremmo presentata – ha commentato Alex Neil alla Bbc –. Voglio difendere i diritti di milioni di residenti britannici che inconsapevolmente hanno dovuto pagare molto di più del dovuto”.
Per il momento Sony non ha ancora commentato la vicenda. Di certo non è la prima volta che i colossi del tech vengono accusati di richiedere commissioni troppo alte agli sviluppatori (e sempre con un “cartello” del 30 per cento), come dimostrano i vari casi che in passato hanno coinvolto Google e Apple. La class action, che si rivolge ai consumatori britannici con in casa una PlayStation che hanno effettuato transazioni sul PlayStation Store a partire dal 19 agosto 2016, prevede un risarcimento compreso tra gli 80 e i 665 euro circa a seconda degli acquisti.