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L’ultima puntata di SuperQuark, l’ultima volta di Piero Angela. Questo è andato in onda sulla Rai: l’ultimo saluto del divulgatore per eccellenza del nostro paese, scomparso a 93 anni, ma capace fino all’ultimo di assolvere alla missione che si era prefissato da decenni, cioè parlare del Pianeta, della natura, dell’uomo che essa contiene e della follia di un’umanità che non riesce a fermare la propria foga distruttrice. Ora che non c’è più, è venuta a mancare qualcosa di più di una mera presenza mediatica, qualcuno che univa in sé più identità e più finalità, che ha saputo diventare un punto di riferimento unico ed irripetibile, che pensavamo non dovesse venire mai meno. La nuova sfida che ci aspetta è non solo continuare il suo programma, ma soprattutto dimostrare che non ha predicato invano.
Un’ultima volta persi tra i ghiacci del grande nord
13,5 % di share, pari a più di un milione e mezzo di telespettatori. Questo il tributo che il pubblico italiano ha voluto regalare a Piero Angela, alla sua ultima puntata su SuperQuark, completata a luglio, altro tassello di un programma che è passato di generazione in generazione, quasi come parte della scuola dell’obbligo, rito di passaggio, patrimonio comune di un popolo che rimane incredibilmente contraddittorio. Non fate caso ai folli solitari che sui social hanno cercato di infangare l’opera di Piero Angela, la realtà è che questo giornalista assolutamente atipico per percorso, formazione, caratteristiche e talento, ha giocato un ruolo fondamentale nella nostra esistenza. Negarlo è follia pura.
In Italia prima di Quark (SuperQuark dal 1995), prima di Piero Angela, la divulgazione scientifica era embrionale a livello di impatto sul pubblico, di capacità di essere qualcosa di più di un sottofondo in un panorama televisivo che quando lui vi fece capolino, dopo una vita passata ad essere corrispondente, andava paradossalmente verso la commercialità. Era il 1981, e nello stesso periodo Silvio Berlusconi cominciava a plasmare con il suo potere catodico un paese a sua immagine e somiglianza. Ma contemporaneamente Piero Angela, con i suoi modi pacati, la sua presenza scenica rassicurante ed eloquente, cominciava il suo grande viaggio dentro la nostra mente.
Lo ha fatto svelandoci i segreti di quella natura che per noi, persi dentro un sistema scolastico sempre meno puntuale e incisivo, è diventata sempre meno importante e centrale.
Perché in fondo Piero Angela questo ha fatto: un’opera di riequilibrio, forse anche di compensazione, ci ha ricordato che il sapere non era qualcosa di elitario, di insondabile e faticoso, esclusivo per pochi, ma una gioiosa scoperta che non finiva mai alla portata di tutti, forse la più grande avventura che la nostra mente e la nostra vita potevano contenere.
Un diverso modo di concepire la divulgazione
Se ci pensiamo, ci rendiamo conto che SuperQuark e la sua elegante presenza erano diventati un appuntamento fisso, ma soprattutto uno scoglio a cui aggrapparci di fronte alla degenerazione culturale di un paese, che a suo tempo fu capace di dare premi culturali a qualcosa come la prima edizione del Grande Fratello. Piero Angela è stato un modello a cui tanti colleghi si sono ispirati; egli racchiudeva in sé, nella sua chiarezza di esposizione, nella passione elegante, nella capacità di essere immediato ma mai semplicistico, il sogno che tutti abbiamo nutrito fin dall’infanzia sull’ideale di insegnante che doveva guidarci in classe.
Perché donare conoscenza è una missione e Angela lo sapeva, e ha onorato tale idea fino all’ultimo, fino a questo “Gli Ultimi Ghiacci” che ieri sera alle 21 ha tenuto una bella fetta di Italia davanti allo schermo e per cui si era battuto con inusuale e febbricitante intensità. “Non capivamo perché insistesse tanto, c’era una specie di ansia. Poi ci siamo resi conto che sentiva arrivare la fine e voleva chiuderlo prima di andarsene” ha dichiarato il produttore Marco Visalberghi, per oltre 40 anni al fianco di Angela, e per ben tre parte fondamentale di una produzione di grande difficoltà e complessità realizzativa.
La parola d’ordine è stata quella degli ultimi anni: il cambiamento climatico, un tema che Piero Angela da sempre aveva molto caro.
Era per lui lo specchio di un mondo che si ribella all’uomo, al fatto che abbiamo portato la nostra esistenza ad un punto di non ritorno. Angela per anni ha voluto spiegarcelo, come lui tanti altri divulgatori, esperti e scienziati, tutti rimasti inascoltati per l’affezione ad uno stile e modello di vita che (lui lo sapeva) non poteva e non potrà che cambiare, quanto drammaticamente sta a noi deciderlo. Una realtà che a conti fatti pone la categoria a cui apparteneva Piero Angela al livello di una sorta di Cassandra, destinata non tanto a non essere creduta, ma a non essere ascoltata per un rifiuto totale della realtà che non riusciamo ad invertire.
Cambiare le nostre vite da dentro un televisore
Piero Angela ha affrontato assieme a noi ogni possibile tema, dagli animali alla fisica, dai misteri dello Spazio al corpo umano, dall’incredibile ricchezza del nostro pianeta odierno ai misteri del passato preistorico.“Bene, questo era l’ultimo servizio di stasera. Ci rivediamo alla prossima puntata con nuovi filmati e nuovi argomenti. Arrivederci”. Quante volte, per quanti anni lo abbiamo sentito salutarci in questo modo? Ieri sera è stata l’ultima, di certo qualcosa che molti di noi si ricorderanno per lo strappo che esso rappresenta, per la scomparsa del simbolo di un modo diverso di concepire la dimensione spazio-temporale della televisione pubblica.
La R in lui ha avuto una straordinaria prova di cosa sia il servizio pubblico, prima che lo share, i guadagni, gli ascolti, la commercialità straripassero oltre le mura come un esercito invasore, prima che i programmi di divulgazione venissero sostituiti da sterili talk-show, talent e compagnia.Piero Angela è stato immutabile eppure capace di adattarsi, non alla vuota forma ma ai contenuti che cambiavano per priorità, per importanza e anche emergenza. Quante volte Quark ci ha messo sull’avviso anche nella nostra dimensione quotidiana? Ha cercato di farci capire che non dovevamo fare per scontata la nostra esistenza su questo pianeta, di cui siamo ospiti per un periodo di tempo sostanzialmente dimenticabile.
Nella sua voce tante volte vi è stata la suprema verità: stiamo danneggiando il nostro pianeta ma lui ci sopravviverà, saremo noi a scomparire per mano nostra. Quanti tra di noi hanno deciso di essere biologi, medici, fisici, insegnanti, paleontologi, archeologi o altro grazie a lui, in quanti ha risvegliato una passione che era semplicemente sopita? Era la stessa che lui comunicava con instancabile convinzione, mentre il mondo cambiava, la tecnologia diventava sempre più centrale. Anche qui, lui ha sempre indicato la differenza tra progresso e avanzamento tecnologico, ben prima di tanti altri. Ieri sera, persi tra inuit e mulini glaciali, abbiamo detto addio ad un amico comune, forse il migliore che abbiamo avuto per tanti versi.