venerdì, Aprile 19, 2024

Ricordi di un'estate in festival formato playlist

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La metropolitana suburbana che porta all’isola di Óbuda forse ha sedili dalla tappezzeria discutibile, ma sono estremamente morbidi. Là dove Milano ha scelto asettiche plastiche colorate, Budapest ha privilegiato il comfort. E un po’ di comodità non guasta, se ci si appresta ad arrivare a Sziget, ma più in generale a qualsiasi festival musicale. 
Non ci si va per riposarsi, si va per camminare da uno stage all’altro, per consumare street food in compagnia su qualche panca di legno, per dormire qualche ora in una tenda e, mai come quest’anno, dopo tre anni di pausa forzata, si va per ammassarsi sotto un palco.

Sziget 2022, varie ed eventuali

«La fermata per Sziget (“isola” in ungherese) è Filatorigát», mi dicono, «ma ti basterà seguire la fiumana di gente». Ed effettivamente perdersi è impossibile, anche per chi è completamente privo di senso dell’orientamento: la folla in pochi minuti conduce al ponte di ferro che collega l’isola. Una volta passata oltre, cambio il mio voucher con il braccialetto, passo i controlli e sono dentro.

Se al re di tutti i festival musicali, il celeberrimo Woodstock 1969, il fango la faceva da padrone, qui a Budapest – come in buona parte dell’Europa – non piove seriamente da troppo tempo e, là dove c’era l’erba, ora c’è… tanta polvere. Anche questa è tra le prime informazioni che ricevo, così da potermi attrezzare: non serviranno stivali di gomma, ma un paio di sandali con indosso i quali, a festa finita, infilarsi direttamente in doccia.

Anche Sziget – come molti eventi ormai – è del tutto cashless: si paga solo con carte, smartphone o tramite gli stessi braccialetti per l’ingresso, (ri)caricati agli appositi point. Una scelta che rende tutto più semplice e fluido. Senza praticamente fare code, posso scegliere tra burrito, bao, bbq, vegan burger, souvlaki, pizza napoletana… E la qualità dello street food mi pare anche migliore del solito.

Sziget 2022, l’atmosfera

L’aria che si respira al festival, polvere a parte, è in tutto e per tutto ventata di rinascita. Alla domanda “perché sei qui?”, in molti rispondono “per la musica”, ma tanti sono a Sziget “per la folla” e “per divertirsi insieme”. Lo dimostrano anche le distese infinite di tende, che hanno ricoperto praticamente ogni metro quadrato libero dell’isola.

Un altro particolare che salta subito all’occhio è l’entusiasmo con cui vengono accolti davvero tutti gli artisti. La sensazione è che chi è venuto qui quest’anno non l’abbia fatto soltanto per sentire i suoi artisti preferiti, ma per sperimentare di nuovo sensazioni troppo a lungo sopite, per risvegliarsi da un brutto sogno e ritrovarsi vicinissimi, senza mascherine, a ballare e cantare a squarciagola.
Nemmeno la cancellazione last minute di Sam Fender per laringite rovina la festa a chi si aspettava di vederlo calcare il Main Stage. Per Holly Humberstone, che prende il suo posto, posticipando il set, non ci sono fischi, soltanto applausi calorosi.

Il Covid ha ammorbidito tutti, insomma, o quasi: gli addetti ai lavori (fotografi e giornalisti) devono comunque fare i conti con condizioni sempre più limitative imposte dal management di artisti – gli headliner soprattutto – che è praticamente impossibile intervistare o fotografare.

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