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E di certo le conseguenze si sono fatte sentire in modo sconvolgente su Huawei. Pensare che ancora nel marzo del 2019 l’Italia, dopo aver firmato l’adesione alla Belt and Road Initiative di Pechino con il governo gialloverde, era in dialogo avanzato con Huawei per lo sviluppo delle infrastrutture di rete del 5G. L’allora premier Giuseppe Conte incontrò lo stesso Ren a Pechino, a margine del secondo forum sulla Belt and Road di aprile. Poi il vento è cambiato, con Washington che ha soffiato sempre più forte in direzione contraria al gigante di Shenzhen. Già dal golden power esteso alle telecomunicazioni, prodromi di un blocco italiano che “c’è, ma non si vede“, e uno tra i tanti segnali di ostilità dal mondo occidentale.
Huawei oltre gli smartphone
Al decoupling dei sistemi operativi, Huawei ha risposto sviluppando il suo Harmony ma le vendite di smartphone sono precipitate fuori dalla Cina. Problemi anche dal blocco della Casa Bianca di esportazione di dispositivi contenenti componenti made in Usa, che ha coinvolto anche la Taiwan Semicondutor Manufacturing Company (Tsmc), leader mondiale nella fabbricazione e assemblaggio dei semiconduttori che aveva proprio Huawei nella lista dei principali clienti.
Non sorprende dunque che il business consumer da allora sia in calo. Nel 2021 è stato registrato il primo calo di vendite dal 2002. Nel primo semestre del 2022 è precipitato del 25,3% rispetto al 2021 e del 60% in confronto alla prima metà del 2020, spingendo il calo generale del fatturato del 5,9% su base annuale. Il margine di profitto netto è stato del 5%, in calo rispetto al 9,8% mostrato dal rapporto sugli utili dell’azienda e pubblicato all’inizio di agosto.
La crescita delle infrastrutture informatiche conforta, visto il tentativo di diversificare i flussi di entrate. Huawei sta infatti lottando per diversificare i suoi flussi di entrate mentre cercava di rifarsi un gigante dei servizi alle imprese. A maggio, l’azienda ha istituito cinque nuove divisioni per concentrarsi su settori specifici, tra cui la finanza digitale, l’energia, l’intelligenza artificiale, la digitalizzazione del settore manifatturiero e i servizi pubblici. Nelle ultime settimane ha lanciato un aggregatore di servizi di ride hailing, cercando di erodere il dominio di Didi sul mercato cinese. E si sta muovendo sul software per l’industria automobilistica, la fornitura di cloud computing e altre soluzioni digitali per la pubblica amministrazione e le aziende. La spesa in ricerca e sviluppo resta ancora elevata, con diverse iniziative con istituzioni universitarie, pubbliche e sanitarie attive anche in Italia.
Senza comunque rinunciare agli smartphone, visto che il 6 settembre sarà presentata l’ultima edizione della serie Mate. Dopo aver lanciato nuovi portatili, monitor e auricolari. Nel frattempo, Huawei sta cercando di raccogliere 593 milioni di dollari dalla sua quarta vendita obbligazionaria onshore di quest’anno, segno che sta attingendo sempre più al mercato interno per ottenere credito. Sempre in territorio cinese sono in fase di costruzione quattro grandi progetti tra cui un centro dati nella provincia del Guizhou e un impianto produttivo e di ricerca e sviluppo a Shanghai. A livello internazionale, l’ultimo accordo è quello per un progetto di infrastruttura a banda larga nelle Isole Salomone, dove verranno costruiti 161 ripetitori insieme alla China Harbor Engineering Company Limited. L’arcipelago del Pacifico ha istituito relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese nell’autunno del 2019, dopo aver rotto quelle con la Repubblica di Cina (Taiwan), e ha recentemente firmato un accordo di sicurezza con Pechino.