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Nel 1977, Mick Jagger era una delle persone più sexy, cool e richieste al mondo. Tuttavia, cosa desiderava davvero? Prestare la voce a Frodo del Il Signore degli Anelli nell’adattamento animato che sarebbe uscito l’anno successivo. Eppure il frontman dei Rolling Stones frequentava modelle, si esibiva sui palchi delle più importanti arene ed era un ospite abituale dello Studio 54.
«In pratica un giorno mi chiama e dice: “Ho sentito che stai facendo il Signore degli Anelli. Vorrei dare la voce a Frodo”», mi ha raccontato di recente il regista del film, il leggendario animatore Ralph Bakshi. Così Bakshi invitò Jagger allo studio per un tour, desideroso di affidargli la parte. I produttori del film, intenzionati a far recitare i classici attori di teatro britannici, non erano d’accordo.
«Gli confessai: “Ascolta, vorrei che tu lo facessi, ma loro sono contrari”», ha raccontato Bakshi. «Ci è rimasto veramente male. Era un Frodo perfetto e sarebbe stato fantastico. Ma quanto sono stati stupidi tutti quanti? Stupidi come sempre». (In un’intervista del 2018, Bakshi ha poi aggiunto che, tra l’altro, il dialogo di Frodo era già stato registrato).
Jagger non era certo l’unico rocker ad essere stato stregato dal mondo fantasy di J.R.R. Tolkien, popolato da hobbit, maghi ed elfi. Nel 1968, il gruppo dei The Beatles si candidò a realizzare un adattamento cinematografico della trilogia del Signore degli Anelli. Peter Jackson, che ha diretto le celebri trasposizioni cinematografiche dell’opera di J. R. R. Tolkien e, nel 2021, la docuserie di otto ore dal titolo The Beatles: Get Back, lo scorso anno ha raccontato alla BBC di aver scoperto il sorprendente legame tra queste sue due passioni. Ha saputo che mentre la band era in India, impegnata in un viaggio di riflessione spirituale, il loro produttore cinematografico Dennis O’Dell, ha fatto conoscere loro la trilogia. «Credo che, poiché sono tre, abbia inviato un libro a ciascuno dei Beatles. Ringo probabilmente non l’ha ricevuto, ma John, Paul e George hanno avuto un volume del Signore degli Anelli ciascuno», ha specificato Jackson. I favolosi quattro erano entusiasti di realizzare la loro versione che avrebbe avuto come protagonisti Paul nel ruolo di Frodo, Ringo in quello di Sam, John nei panni di Gollum e George nelle vesti di Gandalf. La regia sarebbe stata affidata a Stanley Kubrick, ma purtroppo Tolkien rifiutò di cedere i diritti cinematografici per questo progetto.
Nonostante la fama della saga di Tolkien fosse appannaggio esclusivo dei nerd del fantasy e dei cosplayer con le protesi a forma di orecchie da elfo, le sue opere erano ampiamente diffuse nella rigogliosa scena rock degli anni ‘60 e ‘70. La saga avrebbe avuto anche una forte influenza su diversi gruppi metal. I più noti tolkieniani del settore sono stati, ovviamente, i Led Zeppelin che hanno integrato senza ritegno i panorami e i suoni della Terra di Mezzo nelle loro canzoni. Misty Mountain Hop prende il nome da una catena montuosa descritta nei libri, The Battle of Evermore fa riferimento agli incantesimi dell’anello e in Ramble On Gollum rapisce la ragazza del cantante a Mordor. Robert Plant ha, persino, chiamato Strider il proprio cane usando un soprannome del personaggio Aragorn.
Esistono altre leggende di jam-band, dee del folk e pionieri del glam rock che hanno inserito nella loro musica ed esistenza sorprendenti riferimenti impliciti ed espliciti alla Terra di Mezzo. I Rush hanno intitolato una canzone Rivendell, in onore della città elfica, a causa della passione del batterista Neil Peart. Secondo la biografia intitolata A Long Strange Trip del 2001, i Grateful Dead originariamente si chiamavano Warlocks, sia grazie a Bob Weir che stava leggendo Il Signore degli Anelli, sia perché «si parlava molto di maghi e magia».
Phil Lesh avrebbe poi pubblicato nel 2002 con la sua band Phil Lesh and Friends l’album There And Back Again, il sottotitolo de Lo Hobbit.
Joni Mitchell si appassionò a Tolkien a metà degli anni ’60 grazie al marito Chuck Mitchell; i due hanno scritto lettere da fan all’autore inglese e la loro casa editrice ha preso il nome di Gandalf. Nel 1969, mentre presentava la sua canzone I Think I Understand al Mississippi River Festival, ne condivise l’ispirazione con la folla. «Qualche anno fa ho letto una trilogia di un inglese di nome Tolkien. Mi ha impressionata molto perché ci sono così tanti possibili modi di leggervi le proprie emozioni… di trarne ispirazione per coltivare una personale speranza, luce e tanto altro», ha detto prima di aggiungere che il suo personaggio preferito era Galadriel. Anche Duane Allman si era innamorato della regina elfica. In un libro di memorie del 2014, sua figlia Galadrielle Allman ha scritto che «il mio nome è stato preso dalla trilogia del Signore degli Anelli, i libri preferiti di mio padre».
Quando non contribuiva a inventare il glam rock, lo scintillante Marc Bolan dei T. Rex vagava con la mente nella Terra di Mezzo. Nel documentario della BBC del 2007 dal titolo Marc Bolan: The Final Word, il produttore discografico Tony Visconti ha raccontato che Bolan lo aveva esortato a leggere i libri del Signore degli Anelli quando iniziarono a lavorare insieme. «Leggi questo, se vuoi sapere di cosa parlo», ha ricordato Visconti a proposito di Bolan. «Lui viveva davvero lì. Nella sua mente, quel mondo è veramente esistito. Si vedeva forse come una reincarnazione di un bardo o di un mago vissuto all’epoca in cui gli elfi camminavano sulla terra».
Secondo alcuni biografi delle grandi rockstar, l’affetto per i libri di Tolkien è nato durante la loro infanzia e si è protratto nel tempo. Bob Spitz, autore nel 2021 di Led Zeppelin: The Biography, inserisce Robert Plant in questo gruppo. «Ha letto il libro quando aveva 12 anni e non l’ha fatto solo una volta, l’ha riletto più volte», ha spiegato Spitz. «Il libro ha significato molto per Robert e anche per John Bonham. Perché per quanto Bonzo non leggesse molto, aveva sicuramente divorato questo libro da piccolo. Le rockstar sono degli eterni fanciulli e la loro creatività è sempre molto accesa. Vivono in mondi immaginifici e da lettori si consolano tra le pagine ricche di fantasia». Spitz è stato manager di Bruce Springsteen agli inizi della loro carriera e ha rivelato che il Boss ha letto Il Signore degli Anelli, anche se ovviamente non ha influenzato la sua musica. «Ricordo di averlo visto portare con sé una copia del libro mentre lavorava al primo album», ha detto Spitz.
L’interesse a realizzare un progetto su Tolkien potrebbe essere stato dettato in alcuni da una strategia mirata a fare carriera. Rob Sheffield, biografo dei Rolling Stone e autore di Dreaming the Beatles, sostiene che la band era «attratta dall’ambizione del progetto. Erano affascinati da un artista della portata di Kubrick». Ralph Bakshi pensa che Jagger abbia voluto fare il suo film perché «è un ottimo uomo d’affari. Era una scelta commerciale perfetta da fare. A quel punto sarebbe stato un progetto di portata internazionale. Sapeva di cosa si stava parlando e aveva ragione».
Bakshi ha spiegato quanto fossero popolari all’epoca i libri del Signore degli Anelli. «Non eri nessuno se non leggevi l’opera di Tolkien. Andavi a una festa e Mickey Spillane o qualche pezzo grosso veniva da te e ti chiedeva: “Hai letto il libro?”» ricorda. «Se non lo avessi fatto, non saresti stato alla moda». Erano libri particolarmente popolari tra gli esponenti della controcultura. «Ai musicisti piace quel tipo di pubblico», continua Bakshi. «È la platea composta dalle persone che comprano gli album e vanno ai concerti».
Il legame con la controcultura è stato probabilmente il modo in cui molti di questi artisti hanno scoperto i libri di Tolkien. Ma cosa li ha resi tanto popolari negli ambienti della controcultura?
La trilogia fu introdotta negli Stati Uniti a metà degli anni ‘60, anche se Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello e Le Due Torri furono pubblicati nel Regno Unito nel 1954, mentre Il Ritorno del Re seguì nel 1955. Nel 1965, una scappatoia nella legge sul copyright della metà del secolo scorso permise ad Ace Books, un editore di fantascienza e fantasy, di stampare le proprie edizioni in brossura non autorizzate. Queste copie pirata si diffusero a macchia d’olio e l’editore Ballantine le sostituì pochi mesi dopo con versioni debitamente autorizzate.
I libri divennero un fenomeno di culto nei campus universitari da una costa all’altra, mentre l’interesse aumentava anche tra i giovani di tutto il mondo. Le copie passavano di mano in mano tra gli hippy di Haight-Ashbury. I graffiti «Frodo vive!» tappezzavano le metropolitane di New York. A Londra, un accolito di Tolkien aprì il Gandalf’s Garden, un negozio esoterico e una comune che pubblicava la propria rivista e sembrava una pubblicità itinerante all’LSD. Il fondatore, Muz Murray, pare stia ancora inseguendo la sua verità.
Era l’epoca delle proteste contro la guerra del Vietnam negli Stati Uniti e delle rivoluzioni studentesche del 1968 in Europa. Dimitra Fimi, rinomata studiosa di Tolkien e docente presso l’Università di Glasgow, ha spiegato come i valori sposati dai libri fossero ciò che li rendeva particolarmente attraenti a una controcultura radicata nel libero pensiero, nell’ambientalismo e nella ribellione. «La ragione più importante, considerando il fenomeno con il senno di poi, è il messaggio ambientale», ha affermato l’autrice. «Si tratta di una narrazione molto forte in cui la natura si oppone allo sfruttamento. Inoltre, l’intero messaggio del libro riguarda la visione del potere come qualcosa di intrinsecamente legato alla corruzione».
Inoltre, tempi difficili richiedono libri ricchi di caleidoscopica fantasia. Come ha sostenuto la scrittrice Jane Ciabattari in un articolo del 2014 della BBC sull’attrazione di Tolkien per la controcultura, «la cultura della droga presente nei romanzi di Tolkien potrebbe essere servita da gancio iniziale per la generazione dei Boomer. Molti dei personaggi della Terra di Mezzo sono attratti dalle piante allucinogene». La connessione psicotropa ha certamente favorito il processo creativo degli Zeppelin. «Posso dire onestamente che erano pieni di coca e di erba, e tutto questo va a braccetto con la fantasia», ha detto Spitz.
Jem Bloomfield, professore assistente presso l’Università di Nottingham, ha un’altra teoria sul perché l’universo di Tolkien possa essere particolarmente attraente per chi crea canzoni. Questa immensa saga è piena di immagini seducenti da cui prendere spunto. «La Terra di Mezzo sembra essere un mondo abbastanza accessibile e percorribile in termini di retorica narrativa”, ha spiegato. «Ramble On è un ottimo esempio. È una canzone che può alludere a cose come le profondità di Mordor e Gollum senza dover necessariamente aggiungere: “Ecco un mondo sconosciuto. Lo sto inventando ora per te”».
Anche la Fimi ha sottolineato le qualità intrinseche dell’opera che potrebbero aver attratto i musicisti. Nella mitologia di Tolkien, il mondo viene creato da esseri divini chiamati Ainur che letteralmente cantano la sua esistenza. «Nel Signore degli Anelli la musica viene utilizzata in termini di narrazione orale», ha aggiunto Fimi. «Aragorn canta la storia di Beren e Lúthien, gli elfi cantano a Rivendell, i Rohirrim cantano…». Tutto questo fa parte della narrazione. «C’è qualcosa di intrinseco nelle storie stesse che le collega alla musica in modo naturale».
L’ironia della sorte vuole, però, che lo stesso J.R.R. Tolkien fosse un professore cattolico conservatore di Oxford, abbottonato e in tweed, nonché padre di quattro figli. Morì nel 1973, quindi gli ultimi anni della sua vita si sovrapposero al periodo in cui il mondo del rock era particolarmente innamorato di lui. Secondo la Fimi, non esistono prove scritte dirette di come reagisse al fatto che il proprio lavoro fosse d’ispirazione per gli hippy o le rockstar, anche se ha commentato: «Sarei molto sorpresa se non lo avesse saputo».
Si può, comunque, azzardare un’ipotesi su come avrebbe potuto reagire al riguardo. Le Lettere di J.R.R. Tolkien contengono una missiva del 1964, in cui si lamenta dei suoi vicini. «In una casa a tre porte di distanza abita il membro di un gruppo di giovani uomini che evidentemente mirano a trasformarsi in una sorta di gruppo simile ai The Beatles», scrisse Tolkien. «Nei giorni in cui è il suo turno di suonare, il rumore è indescrivibile…».