domenica, Marzo 26, 2023

Date un premio a Paul Schrader per Master Gardener!

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A Venezia quest’anno non è venuto in concorso come capitato nel 2021 e nel 2017 ma per ritirare il primo vero grande premio della sua vita: il Leone d’Oro alla carriera. Nonostante i successi Schrader appartiene a quella categoria di cineasti che il sistema non premia, sempre marginale, sempre fedele a se stesso. Se n’è accorta Venezia (e meno male) e ora oltre a premiarlo mostra il suo ultimo film: Master Gardener con Joel Edgerton. Stavolta il lavoro è giardiniere. Un giardiniere duro, che sa tutto del grande giardino di una ricca donna che vuole eccellere alle fiere annuali (Sigourney Weaver) e quel che nasconde del suo passato ce l’ha tatuato addosso, così da non poterlo dimenticare. Sono tatuaggi da neonazista, svastiche e doppie S, teschi e frasi suprematiste.

Non se lo perdona quel passato lì, di violenza e soprusi, lo vuole espiare con una vita quasi monastica, tutta dedita al lavoro e a fare da svago sessuale per la sua padrona (non godendone ma anch’esso come pratica). Arriverà una ragazza con i suoi problemi a smuoverlo, a costringerlo ad uscire da questo processo di espiazione per prendere le redini di qualcosa e forse provare a superare il purgatorio che ha disegnato con la speranza di accedere ad una forma di paradiso. Del resto nei film di Paul Schrader ci sono sempre rappresentazioni di inferno, purgatorio e paradiso. Il primo di solito è il terribile passato da dimenticare, il secondo la condizione vissuta dal protagonista, il terzo è un lampo, magari una scena, che suggerisce cosa ci potrebbe essere domani (chi ha visto Il collezionista di carte ricorda una scena dall’alto in un giardino buio illuminato solo da led).

Il collezionista di carte

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