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Penélope Cruz, nel film, è Clara, la madre di Adri (Luana Giuliani) e di altri due bambini, un maschio e una bimba, la più piccolina di casa. Di origine spagnola, vive da molti anni in Italia dove ha sposato Felice (Vincenzo Amato), un uomo che evidentemente non è in grado di renderla felice. Anzi, che la tradisce regolarmente e che, di quando in quando, arriva anche a picchiarla, soprattutto quando lei osa fronteggiarlo. Ogni giorno, Clara fa il possibile per dare ai figli la sensazione di una normalità che non esiste, una messa in scena che la consuma fino a costringerla a ricoverarsi per un certo periodo in una clinica psichiatrica. «Anche se non è pazza per niente», dice la Cruz. «Anzi, quel pizzico di follia che c’è in lei è l’unica ragione per cui riesce a sopravvivere a una vita che non è la sua. È una donna oppressa che arriva al punto di non farcela più e cade in depressione. Il film è ambientato negli anni Settanta, ma ancora oggi ci sono molte donne intrappolate nelle loro case che ogni giorno si sforzano di far finta che vada tutto per bene per i figli. Ne conosco diverse, le loro storie sono tristi, terribili. L’immensità parla anche di questo, e di violenza domestica. Quando ho letto la sceneggiatura, mi ha spezzato il cuore». Aggiunge: «La ragione per cui il mio personaggio ha un rapporto speciale con la figlia Adriana sta nel fatto che entrambe sono intrappolate: nei loro corpi, nelle loro famiglie, nelle loro case».
In effetti, l’unica fuga possibile loro concessa è la televisione. La tv dei varietà che, dice Crialese, «per la mia generazione è stata una finestra sul mondo, una possibilità di evasione». Grazie, in particolare, a Raffaella Carrà e Patty Pravo, entrambe figure rivoluzionarie e trasgressive ed entrambe evocate più volte nel film. Tramite le immagini degli show che la famiglia guarda in salotto o a letto prima di andare a dormire, ma anche grazie ad alcuni spezzoni in bianco e nero in cui madre e figlia sognano di reinterpretare quelle canzoni e quel sogno. «A Patty Pravo», dice il regista, «mi lega la cover, cantata in coppia con Johnny Dorelli, di Love Story, che ho voluto inserire nell’Immensità. Ricordo quando mia madre mi portò a vedere il film, l’angoscia, le lacrime, la disperazione di chi ancora bambino confonde realtà e finzione».