domenica, Aprile 2, 2023

Jacopo Ticchi e Guido Paternollo, la rivoluzione in cucina

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Il pesce? Ora si frolla

Partire pieni di buone intenzioni e rincasare con un’idea di cucina diversa è un’esperienza comune a molti chef. Pochi, però, rientrano alla base capovolti come è accaduto a Jacopo Ticchi, 28 anni, dalla Romagna all’Australia – con tappa allo stellato Joia di Milano – e ritorno per raccontare il pesce in tutt’altro modo. Opposto a quello che conosciamo: nel suo Da Lucio Trattoria di Rimini, infatti, non viene servito freschissimo ma frollato (sì, come la carne) dai 4 ai 15 giorni. In pratica eviscerato, lavato, asciugato e appeso in frigoriferi particolari che consentono di regolare il tasso di umidità. «Ho saputo in Australia che lo chef Josh Niland, ai tempi ancora poco noto, impiegava questa tecnica e mi è sembrata subito un’idea fantastica», ricorda Ticchi. «Così quando sono tornato a casa mi sono messo a sperimentare, monitorando via via i risultati in termini di gusto e di salute, con tutti i test di laboratorio del caso». Risultato: «Il pesce frollato risulta più digeribile e comunque ricco di principi nutritivi». Al palato colpisce invece l’estrema morbidezza delle carni e la concentrazione dei sapori, sia nei crudi che nelle ricette elaborate, spesso alla brace. Piatti-icona: il cefalo crudo con colatura e tuorlo d’uovo affumicato e le interiora.  

A sinistra lo chef Jacopo Ticchi della trattoria  Da Lucio dove si serve pesce fresco dellAdriatico che viene subito...

A sinistra lo chef Jacopo Ticchi, della trattoria  Da Lucio dove si serve pesce fresco dell’Adriatico, che viene subito frollato. Poiché nella zona la pesca è vietata in agosto e nella prima metà di settembre, fino a quel momento in menu non c’è pesce, ma una super carne. A destra Guido Paternollo, 31 anni, chef executive del ristorante gourmet Pellico 3 al Park Hyatt  di Milano

L’ingegneria del gusto

Cosa vuol dire, a volte, avere un inciampo. Tipo essere un bravo studente al liceo scientifico, praticare sport, e doversi all’improvviso fermare per una mononucleosi. Alla noia si può reagire in molti modi: Guido Paternollo – 31 anni, nuovo chef executive del ristorante gourmet Pellico 3 al Park Hyatt di Milano – all’epoca ha scelto di studiarsi i numeri de La Cucina Italiana conservati dalla madre e di cimentarsi ai fornelli. «Ho scoperto che la cosa mi divertiva», racconta. «E, in seguito, che i risultati erano apprezzati dai miei amici. Una cosa, però, è coltivare un hobby. Un’altra farne una professione». Per questo, prima si è laureato in ingegneria. Poi ha seguito l’istinto, che lo ha portato nelle cucine pluristellate di Enrico Bartolini a Milano, di Yannick Alléno e Alain Ducasse in Francia. «La fortuna aiuta», dice. Ma solo se è supportata dal talento. Diversamente non si spiega la sua prima nomina a chef executive nel ristorante fine dining del Park Hyatt nella sua Milano, fino al maggio scorso sotto la guida del bistellato Andrea Aprea. «Punto sulla stagionalità, che garantisce i prodotti migliori, e a suscitare emozioni», spiega. Quanto alla tecnica: «Lo dico da ingegnere: all’ottima cottura sous-vide preferisco la classica padella sul fuoco». Piatto-icona: riso riserva San Massimo, burro all’alloro, anguilla affumicata, caviale siberiano.

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