Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Le piogge di diamanti sono una realtà? Sembra proprio di sì, almeno nello spazio. Per confermarlo era necessario ricreare le condizioni estreme di temperatura e pressione che si pensa ci siano sotto la superficie ghiacciata di pianeti come Nettuno e Urano. Semplice, si fa per dire: basta bombardare con impulsi laser ultrapotenti la plastica Pet (quella delle bottiglie) e osservare ciò che accade. Ed è quello che hanno fatto di nuovo i ricercatori del Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (Hzdr), dell’Università di Rostock e dell’École Polytechnique, che hanno così confermato la loro tesi precedente, ossia che all’interno della tipologia di pianeti più diffusa al di fuori del nostro Sistema solare piovono diamanti. Oltretutto, il sistema utilizzato per gli esperimenti può essere perfezionato e impiegato per creare nanodiamanti per disparate applicazioni, dalla levigatura alla medicina e alla quantistica. Lo studio è pubblicato sulla rivista Science Advances.
Simulare Urano e Nettuno
Sebbene non si abbiano molte informazioni sui due pianeti giganti ghiacciati, i più esterni del Sistema solare, gli scienziati pensano che sotto la superficie ghiacciata ci sia un “fluido denso e caldo” in cui abbondano carbonio, idrogeno e ossigeno. Le condizioni di temperatura e pressione sono estreme: migliaia di gradi Celsius e pressioni milioni di volte maggiori che sulla Terra quali effetti potrebbero avere?
Il team di Dominik Kraus ha provato simularlo già nel 2017, utilizzando pellicole di idrocarburi bombardate con impulsi laser ultrapotenti che scaldano fino a 6mila gradi Celsius e generano onde d’urto un milione di volte la pressione atmosferica per comprimere il materiale per pochi nanosecondi. Risultato: una pioggia di diamanti – nanoscopici nelle condizioni di laboratorio, ma all’interno dei giganti gassosi le dimensioni devono essere ben diverse.
Gli scienziati ora hanno replicato quegli esperimenti, e stavolta si sono avvicinati ancora di più a quelle che dovrebbero essere le condizioni sotto la superficie dei giganti ghiacciati, dove non ci sono solo carbonio e idrogeno, ma anche ossigeno. Il materiale prescelto è stata la comunissima plastica Pet, quella che viene usata per fabbricare, per esempio, le bottiglie. I test si sono svolti presso lo Slac National Accelerator Laboratory in California, dove si trova il Linac Coherent Light Source (Lcls), un potente laser a raggi X.