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Per ogni guaio del ragazzo, per ogni scoperta delle sue malefatte a questo film interessa sempre e solo l’effetto su Hugh Jackman, come cioè il padre reagisca, cosa scateni in lui e dove lo porti. Questo ragazzo problematico non è che un concentrato di problemi adolescenziali. Non è un personaggio, è un device narrativo, non è lì perché noi possiamo capirlo ed empatizzare con lui, è lì per mandare avanti la storia e far reagire emotivamente il vero protagonista. Quindi invece di compatirlo non possiamo che trovarlo respingente, antipatico, fastidioso e insopportabile, perché è solo un concentrato di problemi e non un essere umano.
In questo film-tortura durante il quale veniamo messi nella più scomoda delle posizioni per soffrire assieme ad un protagonista che pare impotente, perché tutti i suoi sforzi sono vani, perché non sempre sa cosa fare e perché a sua volta viene da un passato difficile, al pubblico rimane come unica opzione quella di star male per loro. Che non è proprio granché. Anche l’esibizione di un fucile ad un certo punto non farà che creare ansia per un suo impiego. Dopo averlo visto è difficile non passare tutto il tempo a chiedersi se quell’arma compierà o no il proprio destino, ciò per cui è stata creata in prima istanza. The Father, che pure non era propriamente una commedia, riusciva a creare una strana atmosfera sospesa nella quale sentirsi al tempo stesso figlio e padre, persona impotente di fronte ad un padre vessato dalla demenza senile e al tempo stesso persona perduta nel suo spostarsi veloce tra ricordo e ricordo. Qui invece siamo bloccati su una sedia a guardare altre persone intraprendere una discesa.