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Chiara Ferragni non sarà più consigliere indipendente del consiglio di amministrazione (cda) di Tod’s ma rimarrà all’interno del board. Secondo una nota diffusa dal gruppo marchigiano guidato da Diego Della Valle – noto per le calzature e gli accessori di lusso – sarebbero “venuti meno i requisiti di indipendenza” dell’imprenditrice digitale, che era entrata a far parte del cda di Tod’s ad aprile del 2021 come membro indipendente e da allora ha regolarmente guidato campagne di pubblicità per l’azienda sui propri profili social. Nel comunicato aziendale sui risultati del semestre si legge che la nota influencer stessa ha dichiarato di aver perso i requisiti ai sensi del Testo unico della finanza (Tuf) per essere qualificata come consigliere indipendente “in ragione di una prestazione occasionale di servizi pubblicitari a favore della Società”.
Nel nostro ordinamento, la questione dell’indipendenza nell’amministrazione è regolata dall’articolo 148 del Tuf. Secondo il testo, non sono indipendenti gli amministratori in rapporto di parentela con altri amministratori e, soprattutto, coloro che sono legati alla società o al gruppo da “rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne compromettano l’indipendenza”. La parte rilevante in questo caso è proprio quest’ultima. Evidentemente, la stessa Chiara Ferragni ha ritenuto far presente che il suo livello di coinvolgimento all’interno delle attività dell’azienda non le consente più di considerarsi indipendente da Tod’s.
Il cda ha conseguentemente “effettuato le verifiche di propria competenza, e appurato il venir meno del requisito di indipendenza in capo a Chiara Ferragni”. E poiché che non è possibile escludere che “si presentino altre opportunità di collaborazione” in futuro, l’influencer più seguita d’Italia è rimasta a far parte del board e potrà ancora curare iniziative pubblicitarie a favore dell’azienda, ma non più da indipendente.
Lo scorso anno, il solo annuncio dell’ingresso di Chiara Ferragni all’interno del board dell’azienda aveva provocato un aumento del prezzo delle azioni dai 28,18 euro del primo aprile al 39,32 euro del 23, che si è poi ulteriormente innalzato a 63,85 euro a giugno.