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Si sono chiusi invece i due fascicoli sugli espropri di alcuni terreni propedeutici alla realizzazione della colossale infrastruttura, campata unica e lunghezza di 3,3 chilometri nelle intenzioni dei progettisti. In un caso la società del Ponte sullo stretto ha dovuto versare 216mila euro nel 2017 come risarcimento e 7.200 per le spese legali quattro anni dopo per aver impugnato la sentenza. Nel secondo se l’è cavata con un indennizzo di 20mila euro, a fronte di richieste per oltre duecentomila.
Il contenzioso contro lo Stato
Ancora più clamoroso, tuttavia, è il tira e molla tra la stessa spa pubblica e lo Stato. La tesi del commissario liquidatore è che alla Stretto di Messina debbano essere versati 325 milioni per indennizzarla della revoca della concessione e dei lavori già effettuati. Suona paradossale, ma così è: un muro contro muro tra enti dello Stato, con la società che pretende dal 2013 soldi per “correlati oneri sostenuti per lo sviluppo del progetto definitivo dell’opera di attraversamento stabile tra Sicilia e il continente” e gli uffici del ministero dei Trasporti e del Tesoro, dove peraltro per anni è stato di casa il commissario Fortunato, che replicano che non ha nulla da pretendere, perché gli eventuali risarcimenti sarebbero “una mera duplicazione di costi con ulteriore aggravio sui saldi di finanza pubblica”. Il risultato dello stallo? Nel 2021 la società dello Stretto ha rispedito a Palazzo Chigi, Tesoro e ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile (Mims) tal quale il riepilogo dei costi del 2013.
In effetti, di bilancio in bilancio, la società del ponte sullo Stretto rivendica il taglio delle spese, ma i magistrati contabili non è abbastanza. Nel 2021 i soli costi operativi, per tenere in funzione la macchina, ammontano a 451mila euro. Dodici mesi prima erano 710mila euro, 759mila nel 2019. Nell’ultimo bilancio la società del ponte sullo Stretto ha accumulato debiti per 24,8 milioni e secondo la revisione di Ernst & Young, non si può “escludere che il commissario liquidatore possa richiedere agli azionisti di effettuare ulteriori versamenti per il pagamento dei debiti sociali”.
Senza soluzione
Il problema non è solo della società del ponte, che non vuole mollare l’osso dei suoi indennizzi. Per la Corte dei conti “la liquidazione della società resta un tema sospeso, non avendo le amministrazioni competenti assunto, nei fatti, alcuna conseguente iniziativa concreta. Al contrario, ognuna di esse ha prospettato soluzioni differenziate, peraltro tutte allo stato di intenzione, che rischiano, per la loro eterogeneità, di prolungare lo stallo nella definizione della vicenda”. Ognuno per la sua strada. Nel 2021, come ricorda L’Espresso, era stato formulato un emendamento alla legge di Bilancio per trasferire ad Anas le responsabilità, procedendo così alla liquidazione definitiva della società. A silurarlo è stata Forza Italia, che oggi ripropone il progetto del ponte.
Nel frattempo, all’inizio dell’anno, è stato lo stesso Mims guidato da Enrico Giovanni a rispolverare uno studio di fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina (a più campate però), incarico conferito a Rfi con tanto di provvista di 50 milioni di euro fino al 2023. Il destino dell’affidamento alla società del gruppo Ferrovie dello Stato dipende dal prossimo governo, ma è certo che un bando per ricevere progetti per il futuro ponte sullo Stretto (la scadenza per la consegna è agosto 2023) è un assist ai sogni di gloria della coalizione di destra.