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Cinque giorni, oltre novanta relatori, cinquanta incontri: sono i numeri della Privacy Week e forse restituiscono, nella loro sintesi, l’ampiezza della discussione possibile sul tema decisivo per la vita di milioni di cittadini e aziende in Europa, l’impatto del digitale e le necessarie regolamentazioni e bilanciamenti per contemperare opportunità e rischi.
A Milano, dal 26 al 30 settembre, la seconda edizione della Privacy Week offrirà agli addetti ai lavori, ma anche agli appassionati della materia, un’occasione “immersiva” per mettere a fuoco i temi dominanti del momento e, in generale, al centro del decennio digitale in corso, quello destinato a riscrivere in Europa le dinamiche sul fronte della trasformazione digitale delle imprese, della digitalizzazione dei servizi, delle infrastrutture digitali e delle competenze.
L’evento organizzato dall’organizzazione non profit Privacy Network insieme allo studio creativo /‘Aut/ – e patrocinato dal Garante per la protezione dei dati personali – riunirà giuristi, politici, professionisti del settore ma anche manager, giornalisti e filosofi, per tenere insieme tutte le sfumature del dibattito, dall’innovazione tecnologica ai temi etici, dal nuovo corso del lavoro ai chiaroscuri della vita social. Wired è media partner dell’evento.
La Privacy Week (sul sito è presente l’intera lineup suddivisa per giornate) parte il 26 settembre, il giorno dopo il voto per le politiche: non mancherà un’ utile discussione sul posizionamento italiano rispetto alle tematiche della privacy, della cybersicurezza e, in generale, delle prospettive per la crescita digitale del nostro paese dove molto resta da fare per la pubblica amministrazione e le imprese. Il risultato elettorale potrà dire qualcosa in più in questo senso: Privacy Network ha infatti studiato i programmi delle diverse forze politiche per capire la visione dei diversi schieramenti su questi aspetti. E il risultato non pare troppo incoraggiante: dall’analisi emerge infatti che in generale quasi tutti i programmi elettorali parlano di diritti digitali e privacy, ma senza il giusto approfondimento o, in alcuni casi, tralasciando aspetti decisivi a favore di altri.
Alla PrivacyWeek si discuterà partendo dalla stretta attualità (normative in via di approvazione in Europa, trasformazioni ed esigenze italiane) ma allargando il raggio ad argomenti come criptovalute, social scoring, riconoscimento facciale: sbagliato pensare che siano temi lontani dalla quotidianità. Come sottolinea infatti Andrea Baldrati, presidente di Privacy Network “negli ultimi mesi abbiamo notato un crescente interesse delle pubbliche amministrazioni verso l’implementazione di strumenti (app e piattaforme) di tipo “premiale” per incentivare i cittadini ad assumere comportamenti ritenuti “virtuosi”. Le pratiche sperimentali di Roma, Ivrea, Bologna, Venezia potrebbero essere il primo passo verso un’idea di Stato che condiziona il comportamento dei cittadini sulla base di una serie di ricompense. Oltre a possibili discriminazioni, vi sono rischi legati ad una classificazione delle persone che elimina le differenze dei singoli per favorire una divisione per “tipi” sociali”.