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Il paio di scarpe rappresentava del resto un unicum trattandosi del modello che fu indossato il 25 agosto del 1985, quando Jordan partecipò ad una partita-esibizione a Trieste con le italiane Stefanel Trieste e Snaidero Caserta. Di quello spettacolo rimase impresso il momento in cui l’atleta si elevò a canestro con una tale forza che la schiacciata frantumò in mille pezzi il tabellone: la scarpa sinistra venduta da Christie’s contiene ancora un frammento di vetro incastonato nella suola.
Certamente in questo caso l’elemento feticistico della memorabilia ha un suo valore specifico, va però detto che c’è qualcosa di totalmente diverso dal tipo di attenzione e ‘scientificità’ nel collezionismo degli sneakerhead rispetto, ad esempio, a come altri oggetti di culto sono conservati ed esposti: perché se è vero che il famoso vestito di Marilyn prestato a Kim Kardashian per l’ultimo Met Gala (e accomodato per adattarsi alle forme della celebrity) fu venduto per 4,8 milioni di dollari, è anche vero che il “museo” che lo conserva, il Ripley’s Believe It or Not!, è in realtà una catena di parchi divertimento per famiglie che niente ha a che vedere con il concetto di museo d’arte così come ancora lo immaginiamo.
Si deve ad altro quindi la crescente percezione che oggetti che possiamo calzare e che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni, anche se prodotti in edizioni più o meno limitate, possano ambire a contenitori museali e a dispositivi white-cube. Virgil Abloh, designer, artista e DJ è stato indubbiamente la figura che più di ogni altra ha in tempi recenti sdoganato la cultura degli sneakerhead in luoghi precedentemente destinati a forme culturali “alte”.
Abloh che prima della sua morte, nel novembre 2021, è stato direttore creativo di Off-White e Louis Vuitton, era fermamente convinto che le scarpe da ginnastica fossero una nuova forma d’arte. Nato nel 1980, iniziò a collezionarne fin da bambino mettendo insieme un corpus di 2000 pezzi diversi. Intervistato da Artnet a proposito dell’importanza delle sneaker Abloh rispose: «Questa generazione può valutare le sneaker più di un Matisse, perché [Matisse] non è raggiungibile.»
Non è un caso che le scarpe da ginnastica abbiano giocato un ruolo fondamentale nella mostra di Abloh Figures of Speech, ospitata al Museum of Contemporary Art di Chicago nel 2019. Un progetto che appare oggi come manifesto e testamento della sua visione: nella mostra le opere spaziavano da riferimenti alla street culture a una perfetta riproposizione degli stilemi dell’arte concettuale e minimal americana più austera ma anche più “bianca” della fine degli anni Sessanta, in un allestimento creato da OMA perfettamente concepito per far intendere le opere esposte non come il lavoro di uno stilista occasionalmente ospitato in un museo ma come gli interventi di un vero e proprio autore post-concettuale.