giovedì, Aprile 18, 2024

Scoperti nuovi bersagli immunitari per i tumori al seno resistenti alla chemioterapia

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Per i tumori al seno resistenti alla chemioterapia potrebbero esserci nuove potenziali opportunità di trattamento. Dai laboratori del King’s College di Londra, infatti, sono stati identificati alcuni tipi di cellule immunitarie che potrebbero essere potenziali target per mettere a punto nuove immunoterapie, ossia trattamenti più efficaci nell’aiutare il sistema immunitario ad attaccare le cellule tumorali. A raccontarlo è un studio, ancora in fase iniziale, svolto in collaborazione con l’Istitute of Cancer Research e appena pubblicato sulle pagine della rivista Clinical Cancer Research, che fornisce così preziose informazioni sull’interazione tra le cellule tumorali e il sistema immunitario durante la chemioterapia e sul perché quest’ultima funziona bene per alcune pazienti, ma non per altre.

Per studiare l’ambiente immunitario che circonda i tumori al seno resistenti alla chemioterapia, i ricercatori hanno utilizzato nuove tecnologie capaci di esaminare le proteine e i geni sul tessuto tumorale sia pre che post-trattamento. Inoltre, hanno analizzato come oltre 1.300 tumori e geni immuno-correlati all’interno dei tessuti tumorali sono stati influenzati dalla chemioterapia. “La resistenza alla chemioterapia nei tumori al seno è una delle ragioni principali per cui il cancro ricresce dopo il trattamento”, commenta l’autrice Sheeba Irshad . “Per trovare i giusti bersagli per lo sviluppo di farmaci, è importante avere una profonda comprensione dei complessi meccanismi che consentono ad alcune cellule tumorali di resistere al trattamento, quindi nascondersi dal nostro sistema immunitario per riemergere solo più tardi, quando sono più difficili da sradicare”.

Dalle analisi è emerso che le cellule tumorali resistenti alla chemioterapia hanno pochissime cellule immunitarie intorno, e che la terapia ha indotto dei cambiamenti in diversi tipi di cellule immunitarie. In particolare, i ricercatori hanno osservato un aumento del numero delle cosiddette cellule “innate”, come i neutrofili e le cellule Natural killer (Nk), globuli bianchi che aiutano l’organismo a combattere le infezioni e, appunto, i tumori. Tuttavia, è stato osservato che nelle pazienti con malattia resistenza alla chemioterapia l’aumento non presentava attività citotossica, vale a dire quindi che le cellule Nk non erano in grado di combattere le cellule tumorali. “Il nostro lavoro ha identificato diversi tipi di cellule che varrebbe la pena approfondire per capire come interagiscono con la cellula tumorale resistente e come possiamo modificarla a nostro vantaggio”, continua l’esperta. “Sono entusiasta di continuare a indagare ulteriormente su questi risultati”.

Oltre a fornire una migliore comprensione del comportamento delle cellule Nk utile per il futuro sviluppo di potenziali trattamenti di immunoterapia più efficaci, i risultati mostrano anche come il monitoraggio del sangue durante la chemioterapia possa aiutare a prevedere la risposta delle pazienti, e consentire di personalizzare il trattamento prima dell’intervento chirurgico. “Sono stati fatti grandi passi avanti nell’utilizzo delle immunoterapie per il trattamento di diversi tipi di cancro, ma dobbiamo fare di meglio per realizzare il loro potenziale per i pazienti con cancro al seno, conclude Andrew Tutt, direttore del Breast Cancer Now , centro di ricerca che ha supportato lo studio.

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