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Nel marzo 2020, all’inizio del primo lockdown, in molte parti del mondo le librerie e le biblioteche chiusero improvvisamente assieme a tutti gli altri esercizi commerciali non indispensabili. Vista la situazione d’emergenza, la Open Library gestita dall’Internet Archive – che custodisce due milioni di libri scannerizzati e li rende disponibili online a un utente per volta – decise di rimuovere temporaneamente il limite alle persone che possono consultare contemporaneamente un determinato volume.
Una mossa pensata da un ente che non ha fini di lucro e che aveva l’obiettivo di facilitare l’accesso gratuito ai libri in un momento eccezionale, trasformandola infatti nella “National Emergency Library”. Per quanto apprezzabile, la scelta dell’Internet Archive non è stata accettata da numerosi autori e soprattutto da case editrici come Hachette, HarperCollins, Penguin Random House e altre (tutte parte della Association of American Publisher), che hanno accusato l’Internet Archive di pirateria e deciso di fare causa per “violazione del diritto d’autore”.
L’esperimento, che avrebbe dovuto concludersi a fine giugno 2020, venne di conseguenza interrotto prematuramente per andare incontro alle richieste degli editori. Tutto bene, quindi? Assolutamente no, perché, a differenza di quanto ci si sarebbe potuto attendere, gli editori non hanno ritirato la causa. Al contrario, la causa procede spedita e potrebbe mettere a rischio l’esistenza dello stesso Internet Archive, strumento pionieristico utilizzato da 1,5 milioni di persone ogni giorno e che offre servizi fondamentali come la Wayback Machine, attraverso la quale archivia molti dei contenuti della rete che altrimenti rischierebbero di sparire.
Guerra all’Internet Archive
Ma perché proseguire nella causa visto che l’eventuale violazione del copyright è stata estremamente limitata nel tempo? “L’Internet Archive è un pretesto per il settore dell’editoria, che mira a limitare drasticamente la capacità di prestare i libri”, spiega a Wired Greg Newby, amministratore delegato e fondatore della fondazione letteraria Project Gutenberg, che raccoglie e rende disponibili online volumi il cui diritto d’autore è scaduto (e ha avuto la sua buona dose di problemi, anche in Italia).
Secondo numerosi esperti, la vera volontà degli editori è di punire la tecnologia usata dall’Internet Archive per diffondere le copie digitali dei libri, vale a dire il Controlled Digital Lending (Cdl, “prestito digitale controllato”). In poche parole, sono gli stessi bibliotecari (anche tradizionali) che si occupano di scannerizzare i libri che hanno in dotazione e poi li rendono disponibili – una sola copia per volta – a chi ne fa richiesta, rimuovendo contemporaneamente il volume fisico dallo scaffale (proprio per evitare proteste dagli editori).