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Periodicamente, durante il periodo elettorale, si torna a parlare dei cosiddetti vitalizi parlamentari. Questo termine, arrivato a noi direttamente dalla prima repubblica, è formalmente scorretto, ma si usa ancora per indicare la pensione parlamentare che ha sostituito i vitalizi dal 2012. Da allora, quello che era un grosso privilegio per i parlamentari è stato sensibilmente ridotto, pur restando un metodo contributivo più vantaggioso rispetto agli altri.
La storia
Gli assegni cosiddetti vitalizi, cioè validi per tutta la vita, venivano assegnati a tutti i parlamentari che avessero fatto anche un solo giorno di legislatura e ammontavano a una somma molto superiore ai contributi versati dai rappresentanti. Dal 1997, per ricevere l’assegno era necessario aver raggiunto almeno 60 anni, mentre prima potevano essere riscossi a fine mandato, ma in caso di elezione per tre legislature, a prescindere dall’età, restava valida la possibilità di ricevere immediatamente l’assegno.
Nel 2007, il periodo minimo in carica per maturare questo diritto è stato aumentato a 4 anni, 6 mesi e un giorno. Mentre all’inizio del 2012, i vitalizi sono stati sostituiti dalle pensioni parlamentari, calcolate secondo metodi contributivi, in maniera non diversa da quella degli altri dipendenti pubblici. Inoltre, il diritto a ricevere la pensione è stato posticipato al compimento dei 65 anni.
Questi cambiamenti non hanno avuto forza retroattiva fino al 2018, quando la Camera ha approvato il ricalcolo dei vitalizi degli ex deputati. Da quel momento, i vitalizi concessi ancora secondo il metodo retributivo (cioè in base all’ultimo stipendio ricevuto e non sulla base dei contributi versati), sono stati ricalcolati con il metodo contributivo. Il nuovo sistema ha portato a un risparmio di circa 40 milioni di euro l’anno.
Le regole per ottenere la pensione parlamentare
Per ottenere la pensione parlamentare bisogna aver completato un mandato di almeno 5 anni, che scatta formalmente dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno. Deputati e senatori possono poi incominciare a ricevere la pensione a partire dal compimento dei 65 anni di età, che possono però essere ridotti fino ai 60 per ogni anno di legislatura ulteriore al quinto. In pratica, un parlamentare o una parlamentare che abbiano svolto 6 anni di mandato potranno ricevere la pensione a 64 anni, a 63 se ne ha svolti sette e così via.
L’indennità parlamentare
Prima della pensione, deputati e senatori ricevono quella che viene indicata come indennità parlamentare. Si tratta di una sorta di stipendio stabilito dall’articolo 69 della Costituzione, pensato per assicurarne l’indipendenza ed evitare la corruzione. L’indennità è di circa 10mila euro lordi al mese per i rappresentanti di entrambe le Camere, pari a circa 5mila euro netti. Inoltre, a fine mandato, i parlamentari ricevono anche l’assegno di fine mandato, una specie di Trattamento di fine rapporto (Tfr). Si tratta di un contributo pari all’80% del lordo dell’indennità parlamentare, moltiplicato per il numero di anni in cui si è rimasti in carica.