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Immaginate un giorno di guidare un’auto ad idrogeno che vi porta verso una stazione ferroviaria dove il mezzo da prendere potrà essere alimentato con lo stesso combustibile. Immaginate che il riscaldamento di casa – o meglio ancora il materiale pesante con cui è costruito l’oggetto che rilascia calore – sia originato a impatto zero, grazie all’idrogeno verde. E immaginate che queste non siano fantasie per i vostri figli, ma una rivoluzione che potrete vivere nei prossimi anni: anche qui, in Italia. È la meta finale della sfida della Commissione von der Leyen, il centro della strategia per rendere l’Europa entro il 2050 il primo continente ad impatto zero della storia dell’umanità: l’idrogeno verde promette di sostituire il gas e di cominciare a farlo sostanzialmente entro il 2030. Un sogno bellissimo. Sicuramente troppo bello per concretizzarsi senza superare alcuni ostacoli. E che nel presente ha un prezzo troppo caro per divenire realtà.
Di cosa si tratta e quali sono i suoi vantaggi
In sostanza, il verde è quel tipo di idrogeno ricavato da fonti di energia rinnovabile. Perché oggi l’idrogeno è già prodotto e utilizzato, ma si tratta del grigio. “La colorazione dell’idrogeno definisce la modalità della produzione- spiega a Wired Giorgio Graditi, direttore del dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili dell’Enea-. Il grigio deriva da processi di reforming e quindi libera Co2 in atmosfera: al momento costa 6 o 7 volte meno di quello verde, che invece proviene da fonti rinnovabili, quindi nel contesto italiano solare fotovoltaico ed eolico. Diversamente dal grigio, la produzione di idrogeno verde avviene attraverso il processo di elettrolisi, ovvero la scissione della molecola d’acqua in idrogeno e ossigeno.
Automobili, mezzi di trasporto pesanti, treni e un giorno anche aerei. Riscaldare e dare energia alle abitazioni. Soddisfare la domanda energetica di tutte le industrie, anche quelle pesanti e più energivore. A tutto questo potrebbe servire l’idrogeno verde, che entrato a regime rappresenta il primo vero traguardo della tanto attesa transizione energetica. “L’idrogeno è un vettore che può essere usato per diverse esigenze – continua Graditi – e ha un impatto importante nelle industrie hard to abate come cartiere, vetrerie, raffinerie, aziende ceramiche o chimiche. Tutto ciò che può essere oggi alimentato attraverso gas metano può trovare un grande sostituto nell’idrogeno”. E se l’idrogeno è verde, il sostituto diventa anche sostenibile.
Non per questo però secondo il responsabile di Enea è in grado di risolvere da solo il problema dell’approvvigionamento energetico: “La transizione energetica è un percorso avviato da cui non si può e non si deve tornare indietro. Ma deve essere equilibrata: di conseguenza, realizzata in un’ottica di mix energetico. In quest’ottica l’idrogeno ha un ruolo importante perché può realizzare un combustibile o un vettore che puo essere impiegato per azioni di smart sector integration, cioè integrazione tra rete elettrica e del gas. È un punto di partenza: in un’ottica nazionale, comunitaria e globale svolgerà un ruolo importante”. La grande domanda di energia ha bisogno quindi di una risposta mista. E il destino dell’idrogeno verde è intrinsecamente legato a quello della sua fonte, le energie rinnovabili.
La strategia dell’Unione Europea per l’idrogeno prevede la realizzazione entro il 2030 di una capacità di elettrolisi di 40 GW nei Paesi membri oltre alla possibile produzione di altri 40 GW da altri paesi. Per questi ultimi, come spiega l’Ispi, Marocco ed Egitto si presentano come i candidati naturali all’esportazione di idrogeno verde verso le nazioni europee. “Produrre idrogeno verde vuol dire produrre rinnovabili sufficienti per alimentarlo: ci vuole un sistema integrato. E la produzione di rinnovabili dipenderà anche da dove si riesce a fare meglio e a costi migliori”. Come abbiamo imparato a caro prezzo, il costo dell’energia è una variabile fondamentale nell’economia moderna. Nel caso dell’idrogeno verde dipende soprattutto dal costo delle rinnovabili, come sanno bene le aziende che non vedono l’ora di aprire questo nuovo mercato energetico.
Un prezzo ancora alto (e drogato)
Guardando ai benchmark internazionali, i paesi che si stanno dando da fare per attivare la produzione di idrogeno verde sono in particolare Giappone, Stati Uniti e alcuni tra quelli europei. Tra questi, gli scandinavi e soprattutto la Germania. Linde Engineering è uno dei big industriali tedeschi che si stanno dedicando alla produzione di idrogeno: grigio, blu (derivante da combustibili fossili ma senza liberare Co2 nell’atmosfera) e verde. Per dare una dimensione del suo volume di affari, l’anno scorso Linde ha generato un fatturato di oltre 2,5 miliardi di dollari attraverso le diverse tipologie di questa fonte energetica.
“L’idrogeno svolgerà un ruolo significativo nel mix energetico globale, mitigando al contempo l’impatto del riscaldamento globale- racconta a Wired John van der Velden, vicepresidente senior global sales & technology di Linde -. Dobbiamo decarbonizzare molte industrie e sostituire i combustibili fossili, soprattutto il gas. E l’idrogeno può essere una soluzione molto versatile anche in settori difficili da decarbonizzare. Bisogna avviare subito l’economia dell’idrogeno: altrimenti perderemo tempo prezioso per decarbonizzare l’industria e la mobilità”. A Gastech 2022 l’azienda tedesca presentava diverse soluzioni di alimentazione ad idrogeno, con particolare considerazione per il blu e il verde considerati entrambi come prospettive evolutive verso la transizione energetica.
Nonostante la crisi innescata dalla guerra in Ucraina, il vento sembra tirare a favore dell’idrogeno. Cresce la domanda di questa tipologia energetica, anche nelle versioni blu e verde, in molte aziende storicamente lontane dal concetto di impatto zero: “Ad esempio l’industria siderurgica – segue John van der Velden – e anche i governi di tutto il mondo hanno fatto dell’idrogeno uno dei loro principali pilastri nel tentativo di raggiungere una maggiore autarchia e sicurezza energetica”. La strada sembra tracciata: l’economia, anche quella pesante, e i governi, anche quelli piu grandi, puntano sull’idrogeno verde.