lunedì, Giugno 5, 2023

Total, il manager che si lamenta di 6 milioni di stipendio all'anno

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Certo non ci risulta che allo sfoggio di Ferrari e Lamborghini dei calciatori, così come di stili di vita spesso fuori da ogni misura, si sollevi tutta quell’indignazione. Ma è pur vero che forse certe categorie le archiviamo nel mondo dei sogni, dell’irraggiungibile, un iperuranio di vizi ed eccessi con cui magari passiamo anche il tempo sui social. Sui “capitani d’azienda”, i grandi amministratori delegati (e cariche affini) strapagati spesso migliaia di volte più di un dipendente di medio livello, la rabbia si fa invece più plastica, visibile, palpabile. Com’è accaduto a Patrick Pouyanné, ad di TotalEnergies, il colosso energetico francese, una delle prime quattro aziende mondiali operanti nel petrolio e nel gas naturale. Travolta nei giorni scorsi, con conseguenze sui distributori, da uno sciopero ora rientrato quasi in tutte le raffinerie e che puntava proprio a chiedere salari più alti, adeguati all’inflazione galoppante che sta massacrando il potere d’acquisto dei lavoratori in tutta Europa.

In uno sfortunato tweet il top manager ha in sostanza ripercorso l’evoluzione del suo ricco stipendio dal 2017 a oggi, evidenziando come non ci sia stato nessun aumento ma come – a parte il 2020 – sia rimasto sempre intorno ai 6 milioni di euro.Sono stufo dell’accusa di aver aumentato il mio stipendio del 52% – ha scritto con tanto di grafico a corredo – ecco la vera evoluzione della mia retribuzione dal 2017: è costante salvo nel 2020, quando ho volontariamente tagliato il mio salario e la mia parte variabile è logicamente diminuita assieme ai risultati di TotalEnergies”. 

Il suo obiettivo era smontare quella che ritiene una falsità, o comunque una notizia mezza vera, e cioè appunto l’aumento del 52%. Sarebbe frutto di un ritorno, nel 2021, a livelli precedenti dopo un taglio volontario nell’anno del Covid e non a un balzo assoluto. Ne esce però la spocchia di una persona totalmente sganciata dalla realtà, come molti suoi colleghi che senz’altro hanno sulle spalle molte più responsabilità di un calciatore ma dimostrano di vivere in un mondo ancora più lontano di chi tira calci a un pallone. E di non capire neanche come maneggiare le urgenze dell’attualità. Come entrare in punta di piedi sugli smartphone e nelle case delle persone alle prese con bollette da attacchi di panico.

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