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La fotocamera digitale più grande del mondo sta finalmente per essere messa a fuoco. Mentre una fotocamera personale molto potente potrebbe avere una risoluzione di un megapixel, gli astronomi hanno costruito un dispositivo in grado di riprendere l’universo lontano con una risoluzione di 3,2 gigapixel. Un gigapixel equivale a 1000 megapixel.
Questa fotocamera sarà il cavallo di battaglia del telescopio dell’Osservatorio Vera C. Rubin, che è in lavorazione da circa due decenni ma è quasi finito. Alla fine di settembre, gli scienziati e i tecnici che lavorano in un’enorme camera bianca presso lo SLAC National Accelerator Laboratory di Menlo Park, in California, hanno terminato l’assemblaggio dei componenti meccanici della fotocamera e stanno ora procedendo ai test finali di pre-installazione.
“La combinazione tra il gigantesco piano focale della fotocamera e uno specchio di oltre 7 metri per raccogliere la luce non ha eguali”, afferma Aaron Roodman, astrofisico dello SLAC e vice direttore dell’Osservatorio Rubin. Roodman ricorda che sia l’obiettivo di 1,67 metri, dotato di un tappo extra-large, sia il piano focale sono nel Guinness dei primati per le loro dimensioni straordinarie. Gli ingegneri testeranno la fotocamera tra circa due mesi e a maggio il team la metterà su un volo noleggiato per raggiungere il sito del telescopio nelle montagne desertiche del Cile settentrionale. Gli scienziati condurranno i primi test di imaging del telescopio nella seconda metà del 2023 e puntano al debutto ufficiale di Rubin nel marzo 2024.
A quel punto il telescopio inizierà a raccogliere 20 terabyte di dati ogni notte per 10 anni. Con questi dati, gli scienziati costruiranno una vasta mappa del cielo visto dall’emisfero meridionale, comprendente 20 miliardi di galassie e 17 miliardi di stelle nella Via Lattea, una frazione significativa di tutte le galassie dell’universo e di tutte le stelle della nostra galassia, dice Roodman. Inoltre, verranno raccolte le immagini di 6 milioni di asteroidi e altri oggetti del nostro sistema solare. Una banca dati cosmica così gigantesca sarebbe stata impensabile fino a poco tempo fa.
È l’approccio opposto a quello utilizzato per i telescopi spaziali Hubble o James Webb, che effettuano uno zoom per catturare immagini spettacolari di fette ristrette di cielo. Invece, Rubin scansionerà ripetutamente l’intero cielo meridionale raccogliendo dati su ogni oggetto visualizzabile e fotografando ogni area 825 volte a una serie di lunghezze d’onda ottiche. Rubin andrà anche più in profondità e traccerà una maggiore quantità di dati sul cosmo rispetto ai suoi predecessori, come lo Sloan Digital Sky Survey e il Dark Energy Survey.