giovedì, Giugno 8, 2023

Smart working, come funziona

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  1. Che cos’è lo smart working?
  2. Com’è organizzato oggi in Italia?
  3. Come funzionano i contratti di smart working?

Che cos’è lo smart working?

Il termine smart working viene definito dall’ordinamento giuridico italiano come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Gli elementi fondamentali sono l’assenza di vincoli di orario e di luogo di lavoro, il fatto che il lavoro sia organizzato per fasi, cicli e obiettivi, e il fatto che le modalità del rapporto di lavoro siano stabilite esplicitamente tramite un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro. 

Questa definizione – così come la legge 81 del 2017 da cui è tratta, che regola esplicitamente il tema – è riferita per la verità al lavoro agile, un concetto sovrapponibile allo smart working ma che secondo Visentini ha una sfumatura leggermente diversa che non va ignorata. Nel corso del testo, la legge prevede infatti che, nonostante ci sia assoluta flessibilità tra le due modalità di lavoro, ci sia comunque un’alternanza. Nell’articolo 18, viene specificato che “la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno”, mentre nell’applicazione di Visentini del termine è intrinseco che, ove il lavoratore lo desideri, è possibile anche lavorare completamente in presenza o completamente in remoto. Per lei, lo smart working “è una modalità di lavoro che consente alle persone di decidere in autonomia dove lavorare, quando lavorare e in che modo lavorare”. Non è quindi altro che “un ampliamento di una libertà nelle modalità di lavoro.” Nonostante questa sfumatura, anche lei considera i termini “sovrapponibili.” 

Com’è organizzato oggi in Italia?

Ad oggi, come detto, il quadro normativo che regola il lavoro agile è principalmente dato dalla legge 81 del 2017. Con la pandemia, sono poi arrivate norme ulteriori, le quali hanno principalmente chiarito e in alcuni casi semplificato quanto era stato già stabilito dalla legge originale. 

Va intanto specificato che già prima dell’entrata in vigore di tale legge, però, lo smart working per come lo conosciamo oggi era attuabile a normativa vigente, e diverse aziende lo avevano adottato attraverso accordi di secondo livello. Basti pensare che aziende come Telecom e Tetra Pak avevano introdotto una modalità di lavoro agile già tra gli anni ’90 e i primi anni 2000 e che uno dei primi accordi di smart working in Italia, sottoscritto all’interno dell’azienda San Pellegrino, risale al 2006. Secondo Visentini, l’esigenza del legislatore di regolare la norma tramite un disegno di legge nasce da un’incertezza normativa legata al risarcimento in caso di sinistro, ma la norma in sé non ha fatto altro che formalizzare un processo su cui i territori si stavano già muovendo e per cui diverse aziende si erano già organizzate. 

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