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Da subito c’è una forza creativa pazzesca che fa il paio con l’animazione stop motion appositamente tarata su standard poco raffinati (meno frame al secondo e un character design che lascia vedere i segni del movimento e i pezzi aggiunti sui pupazzi). Curiosamente la maniera in cui sono creati i pupazzi, con poligoni grossi fa sì che a tratti le immagini ricordino paradossalmente il vecchio mondo digitale, la computer grafica degli anni ‘90. Ci sarà una ragione per tutto questo nel finale. La carta che sembra comporli si ritroverà nel sogno che i demoni cullano. Ma è un dettaglio. Il punto di tutto Wendell & Wild è opporre trovate totalmente illogiche alle dinamiche invece spietatamente razionali del capitalismo.
Il nostro mondo, come sempre più grigio e mortifero dell’altro, è dominato dal capitalismo. La bambina protagonista è accolta da un orfanotrofio di suore (la natura di una delle quali è da morire) in una cittadina prosciugata dalle speculazioni di una famiglia guidata da un simil-Trump (sì vede che è stato tutto partorito tra il 2015 e il 2016). Wendell & Wild però non è il classico apologo ipocrita. Alla logica del capitalismo, che per sua natura è esatta e matematica, oppone infatti quella della creatività e dell’umorismo. La differenza rispetto al solito sta nel fatto che immagina un’alternativa, un terreno completamente nuovo in cui quei ragionamenti spietati e cinici ma terribilmente esatti valgono meno della creazione. Hollywood in sé è capitalismo, è lo sfruttamento economico maggiore possibile del cinema, e anche per questo è ripetizione di archetipi narrativi e trame prevedibili, investimento che può essere valutato, invece un film come Wendell & Wild, che non risponde a nessuna buona forma e che è così diverso da tutto, riesce a sfuggire alle stesse logiche che critica, non è un investimento sicuro, non ha un esito prevedibile. È insomma facile criticare il capitalismo tramite film perfetti per lo sfruttamento capitalista, meno facile è farlo creando un’alternativa.
È la parte realmente clamorosa di tutta l’impresa, l’aver identificato il mondo degli umani con la distruzione portata dal solo profitto e aver creato un canale di comunicazione (tramite il demoniaco che sì trova in un palazzo gestito da preti e suore) con un mondo che quelle logiche non le conosce (per quanto le brami). Guardare Wendell & Wild è un viaggio in quello che l’animazione è nata per essere, pura creazione di qualcosa che non esiste e non sappiamo ancora immaginare, con un ragionamento fino che usa la follia invece di esporla e basta, che sa divertirsi mentre distende una trama dotata di ben più di un senso. Non che non sapessimo quanto Henry Selick fosse acuto e inventivo, ma vedere tutto questo unito al rigore di Jordan Peele è un’accoppiata che non sapevamo di desiderare.