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Quando era ancora studente delle superiori, dopo una serie di lavoretti – tra cui scrittore di coccodrilli delle celebrità dell’epoca e di annunci pubblicitari per un ospedale di tubercolotici di Denver, delivery boy di panini, garzone per un fabbricante di pantaloni – Stanley venne assunto come “galoppino nella casa editrice Timely Comics – che poi sarebbe diventata la Marvel – per otto dollari la settimana.
“Allora non lo sapevo ma avevo trovato il lavoro che avrei continuato a fare per il resto della mia vita”, raccontò. Infatti, non molto tempo dopo, nel 1941 firmò la sua prima storia, due pagine, su Capitan America, con lo pseudonimo di Stan. Perché non con il suo vero nome? La ragione da lui stesso fornita tradiva già le sue vere ambizioni: “Siccome ero convinto che un giorno avrei vinto il Pulitzer non consideravo decoroso usare il mio vero nome per un fumetto”.
Non a caso, dopo essersi tolto la divisa ed essere tornato alla vita civile alla fine della seconda guerra mondiale, metterà in atto uno dei suoi tanti tentativi di fuga dai fumetti, cercando senza riuscirci di entrare nel mondo dell’editoria dei testi scolastici.
Il racconto e le domande
Per gli appassionati del mondo Marvel tutta la parte centrale del libro è una miniera di informazioni, testimonianze, rumors. Che, semplificando molto, riguardano i rapporti tra Stan Lee, Steve Dikto e Jack Kirby (che, in seguito, sarebbe passato in DC proprio per i dissidi con Stan, per poi tornare di nuovo in Marvel). Perché la vera grande domanda che ancora oggi divide è: chi era davvero la mente creativa dietro personaggi come Spider-Man, I fantastici 4, l’Incredibile Hulk, Black Panther? I dubbi che quasi certamente rimarranno per sempre, secondo Riesman, sono legati al cosiddetto “metodo Marvel”.
In sostanza, il fatto che non ci fosse una divisione dei compiti precisa tra sceneggiatori e illustratori, per cui le idee per storie e supereroi potevano benissimo essere frutto dell’immaginazione degli uni o degli altri, spesso un mix. Il “problema” è che, una volta, tradotte in strisce, la duplice paternità finiva per ridursi in una soltanto: Stan Lee.Riconosciuto sui giornali come il padre dei supereroi, Stan continuava a cercare di mettere a frutto la sua notorietà fuori dal mondo dei fumetti. Anche per racimolare soldi extra per lui ma, soprattutto per la moglie, Joan che aveva sposato nel 1947, e più tardi per la figlia Joan Celia, nata nel 1950. Due donne ugualmente ad “alto mantenimento”.