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“Al Cefriel abbiamo smesso di parlare di tecnologia durante gli incontri con le aziende. Al contrario, parliamo di come funziona l’azienda e intavoliamo una riflessione sui problemi di chi in questo momento è sul mercato”, aggiunge Fuggetta.
“Quello che facciamo noi al Made – interviene Taisch – è mettere a disposizione uno strumento di assessment preliminare che permette di valutare le competenze degli imprenditori. Poi mostriamo le possibilità che oggi abbiamo a disposizione. Facciamo delle domande provocatorie, come ad esempio: ‘ma tu sei capace di fare questa cosa?’. Partiamo da questo test per incuriosire le aziende“.
Digitalizzazione e pubblica amministrazione
Di transizione nella pubblica amministrazione, invece, hanno parlato Luca Grivet Foiaia, technology consulting leader di Ey Italia, e Arjola Abazaj, managing director di Accenture Song, che hanno evidenziato sia le tendenze positive del settore sia le criticità su cui bisogna ancora lavorare: “Già i dati del Digital Economy and Society Index (Desi) stesso ci segnalano una controtendenza – esordisce Abazaj -. Siamo ancora al 18esimo posto, ma in due anni abbiamo guadagnato 10 punti. Oggi abbiamo dei numeri che ci danno sicurezza del fatto che stiamo andando a chiudere il digital divide. Con l’app Io sono stati registrati oltre 30 milioni di download, con PagoPa abbiamo raggiunto 22 milioni e mezzo di transazionI mensili, un record mai visto prima. Per quanto riguarda lo Spid, 30 milioni di italiani lo usano abitualmente. E per quello siamo al sesto posto dopo i paesi nordici, l’Olanda, la Francia. Quello che vediamo oggi è un cambio radicale delle abitudini dei cittadini verso i servizi digitali, da qui dobbiamo costruire nei prossimi anni una nuova esperienza del cittadino”.
Secondo Luca Grivet Foiaia, ciò su cui bisogna concentrare maggiormente l’attenzione è l’interfaccia dei servizi digitali della pubblica amministrazione: “Il caso dello Spid ci mostra che il 50% degli italiani ha un’identità digitale. E forse è perché questo servizio non è ‘fatto male’. Dobbiamo fare in modo che vengano riprogettati i servizi digitali, per far sì che migliori l’abitudine utilizzo dei cittadini. Elemento positivo legato alle nuove dinamiche di acquisto”.
Gli attacchi informatici di oggi
Il fenomeno degli attacchi informatici è in grande evoluzione. Lo sostiene Gabriele Faggioli, presidente di Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica. Secondo Faggioli, si tratta di attacchi sempre più mirati. “Le vittime impiegano fino a 150/200 giorni per rendersi conto di essere state penetrate da tecnologie malware che poi portano alla criptazione dei dati all’esfiltrazione, fino alle cosiddette richieste di riscatto – spiega Faggioli -. Negli ultimi due anni l’impatto medio degli attacchi è molto aumentato. Il 26% di questi è rivolto all’Europa, sono triplicati. Questo aumento è dovuto al fatto che oggi molto esistono molte più normative che spingono a denunciare”, continua. “Questi sono gli anni dei ramsomware, della cosiddetta double extortion – aggiunge Faggioli -. Questa pratica consiste nel criptare i dati che vengono rilasciati dopo il primo pagamento. Viene poi richiesto un secondo pagamento per non rendere pubblici i dati”. Come riporta Faggioli, gli attacchi nell’ambito della guerra cibernetica e dell’attivismo sono triplicati da gennaio. Nel caso della guerra cibernetica riguardano solo Russia e Ucraina, che si attaccano tra di loro, mentre quelli rivolti verso le altre parti del mondo, tra cui l’Italia, sono sostanzialmente di tipo dimostrativo.
Formazione digitale
A che punto siamo in Italia per quanto riguarda le competenze digitali? Quali sono le soft skills che bisogna avere per intraprendere un percorso nel digitale? “In Italia l’approccio alla trasformazione digitale deve diventare sempre più concreto: questo vuol dire individuare gli obiettivi, i risultati, ma anche le cose che non servono. C’è ancora tanto da imparare sulla cultura del digitale. Per farlo bisogna cercare di avere consapevolezza di quello che abbiamo intorno per capire cosa ci serve – spiega Paolo Guaitani, partner di The Vortex, società di consulenza e formazione finalizzate al digital marketing e al raggiungimento di modelli di business -. In Italia ci sono molte pmi che stanno ancora cercando di giungere alla trasformazione digitale, ma essendo granulari è più difficile, servono sistemi che le aggreghino“.