martedì, Settembre 26, 2023

L' esopianeta che sta precipitando contro la sua stella ci mostra il destino della Terra?

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Si chiama Kepler 1658b ed è un esopianeta che sta lentamente morendo. Ma c’è di più: per la prima volta, infatti, gli astronomi hanno osservato un sistema planetario in fase avanzata della sua evoluzione e più precisamente come Kepler stia orbitando sempre più vicino alla sua stella, fino a quando avverrà l’inevitabile collisione e l’annientamento dell’intero sistema. Una scoperta, appena pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal Letters, che offre nuove e preziose informazioni sul lentissimo processo del decadimento orbitale planetario e su come questa stella stia morendo. I un modo, precisano i firmatari del paper, che potrebbe essere simile a quello di molti altri mondi, tra cui anche il nostro tra miliardi di anni, quando il Sole si invecchierà.

Ricordiamo che Kepler 1658b è stato scoperto dal telescopio spaziale Kepler, il cacciatore di esopianeti lanciato nel 2009. Questo esopianeta rientra nella categoria dei gioviani caldi, ossia pianeti che hanno massa e dimensioni molto simili a quelle di Giove, ma con orbite estremamente ravvicinate alle loro stelle. Basta pensare che la distanza tra Kepler 1658b, e la sua stella, infatti, è solamente un ottavo di quella che c’è tra il nostro Sole e Mercurio.

Lento ma inesorabile

Tornando allo studio, misurare il decadimento orbitale è un compito davvero complicato, in quanto si tratta di un processo estremamente lento e graduale. “Abbiamo già prove di esopianeti che si muovono verso le loro stelle, ma non abbiamo mai visto un pianeta del genere attorno a una stella evoluta”, chiarisce l’autore Shreyas Vissapragada dell’ Harvard & Smithsonian Center for Astrophysics. Per evolute, ricordiamo, si intendono stelle che hanno fuso tutto il loro idrogeno in elio e sono passate alla fase successiva del loro ciclo di vita: in questo caso, per esempio, la stessa ha cominciato a espandersi, in una fase di subgigante. “Si pensa che le stelle evolute siano molto efficaci nel sottrarre energia dalle orbite dei loro pianeti, e ora possiamo testare questa teoria con le osservazioni”.

Secondo lo studio, il periodo orbitale di Kepler sta diminuendo di circa 131 millisecondi (millesimi di secondo) all’anno. Un risultato, tuttavia, che ha richiesto anni di analisi, svolte grazie a Kepler, l’Hale Telescope e, infine, Tess (Transiting Exoplanet Survey Telescope) che sono riusciti a osservare i cosiddetti transiti, ossia i momenti in cui un esopianeta transita davanti alla stella e provoca un leggerissimo oscuramento della sua luminosità. Negli ultimi 13 anni, l’intervallo tra i transiti di Kepler-1658b è leggermente ma costantemente diminuito.

Le cause

Ma perché? La causa principale, spiegano i ricercatori, sono le maree, generate quando corpi in orbita, come la Terra e la Luna oppure Kepler e la sua stella, esercitano attrazioni gravitazionali e si trascinano l’un l’altro, deformandosi e rilasciando energia. A seconda delle distanze, delle dimensioni e della velocità di rotazione dei corpi coinvolti, tuttavia, queste interazioni di marea possono portare a corpi che si allontanano (come nel caso della Terra e della Luna, che si muove lentamente verso l’esterno) o si avvicinano, come appunto nel caso di Kepler-1658b e la sua stella.

La stella di Kepler, come già detto, si è evoluta a tal punto che ha iniziato ad espandersi, proprio come prevediamo succeda anche al Sole, entrando nella fase di subgigante. Secondo le teorie, la struttura interna delle stelle evolute dovrebbe portare più facilmente alla dissipazione dell’energia delle maree prelevata dalle orbite dei pianeti ospitati, rispetto alle stelle ricche di idrogeno (non evolute) come il nostro Sole. Ciò, quindi, velocizzerebbe il processo di decadimento orbitale, rendendo più facile lo studio su scale temporali per noi più fattibili. “Ora che abbiamo le prove della caduta di un pianeta attorno a una stella evoluta, possiamo davvero iniziare a perfezionare i nostri modelli di fisica delle maree”, afferma Vissapragada. “Il sistema Kepler-1658 può fungere da laboratorio celeste in questo modo per gli anni a venire e, con un po’ di fortuna, presto ce ne saranno molti altri di questi laboratori. Non vedo l’ora di vedere cosa scopriremo tutti insieme”.

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